Giustizia amministrativa _ Sentenze

Numero 00171/2022 e data 07/04/2022 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Adunanza delle Sezioni riunite del 22 febbraio 2022

NUMERO AFFARE 00043/2021

OGGETTO:

Presidenza della Regione Siciliana – Ufficio legislativo e legale.

Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana proposto dal signor _____ contro l’Istituto Comprensivo Statale _____ avverso il decreto n. 6 del 4 febbraio 2019 prot. n. 816 di approvazione e pubblicazione delle graduatorie definitive per la selezione della figura di esperto esterno progetto PON FSE competenze di base scuola per l’infanzia “_____” e il relativo verbale della commissione di gara del 4 febbraio 2019;

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 2091/179.19.8 in data 26 gennaio 2021 con la quale la Presidenza della Regione Siciliana – Ufficio legislativo e legale ha chiesto il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Martines;

Premesso e considerato

1.Il signor _____, rappresentato e difeso dagli Avvocati _____ e _____, previa notifica a mezzo posta alla controinteressata, signora _____, ha notificato l’1 giugno 2019, ai sensi delle legge n. 53/1994, all’Istituto Comprensivo Statale ad indirizzo musicale “_____”, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e all’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia ambito territoriale di Agrigento presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, ricorso straordinario per l’annullamento del decreto del dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale ad indirizzo musicale “_____” n. 6 del 4 febbraio 2019, prot. n. 816, avente ad oggetto: «Decreto di approvazione e pubblicazione delle graduatorie definitive per la selezione della figura di esperto esterno progetto PON FSE competenze di base sc. infanzia “_____” Cod. Id. Prog. 10.2.1A-FSEPON-SI-2017-170» e del relativo verbale della commissione di gara del 4 febbraio 2019, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.

2.Il ricorrente afferma di possedere tutti i requisiti per l’ammissione alla selezione in conformità alle prescrizioni previste dalla lex specialise di avere presentato, in data 22 novembre 2018, domanda di partecipazione corredata da tutta la documentazione richiesta.

Dopo la pubblicazione della graduatoria provvisoria del 28 novembre 2018, che gli riconosceva soltanto 28,5 punti, presentava reclamo, a seguito del quale gli venivano assegnati 30 punti.

3. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Cost. – Violazione e falsa applicazione dell’art.6 del bando esterno esperto progetto PON FSE 10.2.1°-FSEPON-SI 2017 170 del 7.11.2018- Violazione e falsa applicazione della nota del MIUR Autorità di gestione prot. 34815 del 02.08.2017 – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 165/2001 – Arbitrio – Omessa valutazione titoli – Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria – Carenza assoluta di motivazione- Ingiustizia manifesta – Violazione dei principi di partecipazione procedimentale – Irragionevolezza – Disparità di trattamento».

Il ricorrente, maestro di ballo, espone di avere presentato la domanda di partecipazione al bando per la selezione della figura di esperto esterno nel progetto PON FSE competenze di base scuola infanzia “_____” e di avere allegato alla stessa tutta la documentazione attestante i numerosi titoli conseguiti nel corso della propria carriera e, in particolare, cinque abilitazioni ovvero specializzazioni della Federazione Italiana Danza Sportiva e quattro diplomi dell’Associazione Italiana dei Maestri di Ballo nelle discipline: Stile Nazionale, Danze Standard, Danze Latino Americane e Danze Caraibiche.

Dopo la pubblicazione della graduatoria provvisoria, appreso che gli venivano attribuiti solo 28,50 punti, il ricorrente proponeva reclamo, allegando la documentazione comprovante il possesso dei titoli necessari per l’utile collocazione in graduatoria con l’attribuzione di un punteggio superiore pari a 37,50.

Con il decreto impugnato di approvazione e pubblicazione della graduatoria definitiva del 4 febbraio 2019, venivano attribuiti al ricorrente soltanto punti 30.

Il ricorrente lamenta l’assenza di motivazione, sia nel decreto impugnato che nel relativo della commissione esaminatrice, in relazione al reclamo proposto, rendendo così arbitraria e palesemente irragionevole la scelta della commissione di valutazione di non attribuirgli il maggior punteggio richiesto.

4.L’Istituto Comprensivo Statale ad indirizzo musicale “_____”, con nota n. 4442 dell’8 luglio 2019, ha riferito sul ricorso in oggetto, rilevando l’inammissibilità del ricorso in quanto «l’atto impugnato non è un provvedimento emesso da organo dell’amministrazione regionale e quindi atto amministrativo regionale, ma trattasi di provvedimento emesso da organo appartenente all’amministrazione centrale dello Stato, specificatamente il MIUR».

5.Con nota n. 18888 del 2 settembre 2019, l’Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione Siciliana ha comunicato al ricorrente il completamento dell’acquisizione documentale utile per la decisione del gravame e la facoltà di esercitare il diritto di accesso agli atti per la produzione di eventuali memorie di replica.

6.Il ricorso in esame, ricevibile in quanto proposto nel termine di 120 giorni, prescritto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971, dalla stessa data (4 febbraio 2019) di adozione dell’atto impugnato, è, tuttavia, inammissibile per incompetenza funzionale dell’autorità adita in quanto l’atto impugnato, un decreto del dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale ad indirizzo musicale “_____”, non può ritenersi atto amministrativo regionale impugnabile con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana exart. 23 dello Statuto Siciliano.

Gli istituti scolastici al pari degli uffici scolastici regionali sono, infatti, articolazioni, a livello periferico, del Ministero dell’Istruzione, a cui, tra l’altro è stato notificato il ricorso.

Con il ricorso in esame viene impugnato, pertanto, un provvedimento adottato dal dirigente di un istituto scolastico statale che non rientra tra gli «atti amministrativi regionali», unici atti avverso i quali, ai sensi dell’art. 23 dello Statuto Regionale, può essere proposto ricorso straordinario deciso «dal Presidente della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato».

Il decreto impugnato, in quanto promanante da un organo dello Stato, avrebbe dovuto essere sottoposto all’esame del tribunale amministrativo regionale competente per territorio o, in alternativa, in via straordinaria al Presidente della Repubblica, come, peraltro, espressamente indicato nell’atto impugnato.

Per costante giurisprudenza di questo Consiglio «difatti, va riconosciuta la competenza del Presidente della Regione a conoscere solo delle controversie suscitate dagli atti soggettivamente ed oggettivamente regionali e non anche degli atti non riconducibili alla Regione, pur se adottati nel territorio siciliano. Nel caso in esame, i provvedimenti impugnati non rivestono il carattere di atti amministrativi regionali, né sotto il profilo soggettivo, in quanto emanati da un organo periferico statale, né sotto l’aspetto oggettivo, trattandosi di materia non trasferita alla Regione con norme di attuazione dello Statuto Siciliano in tema di pubblica istruzione (vds. art. 4, comma 1, lett. f, del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246).» (ex plurimis, sez. riun., 10 novembre 2020, n. 333).

7.Ribadito che gli atti delle amministrazioni statali non possono essere impugnati con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana exart. 23 dello Statuto Siciliano e che, di conseguenza, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto avanti al Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il Collegio ritiene opportuna una riconsiderazione del proprio precedente orientamento secondo il quale il procedimento avviato col ricorso si conclude con la sola decisione in rito sulla inammissibilità. Ed invero, tale soluzione – melius re perpensa– presenta il rischio di risolversi in un diniego della tutela piena, effettiva e satisfattiva per il cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, laddove viene esclusa la possibilità di una pronuncia di merito sulla fondatezza della domanda proposta avanti all’autorità incompetente.

7.1 In considerazione delle lacune della disciplina positiva, la questione, nei termini prospettati, postula la disamina della natura giuridica, prima del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, e poi, in particolare, di quello al Presidente della Regione Siciliana ex art. 23 dello Statuto Siciliano, al fine di individuare la soluzione da applicare al caso in esame che consenta la conciliazione delle due sopra richiamate esigenze, ossia la definizione del procedimento inammissibilmente instaurato innanzi al Presidente della regione Siciliana, senza tuttavia pregiudicare il pieno esercizio del diritto del ricorrente a una tutela effettiva, nonché celere e agevole, delle pretese fatte in concreto valere.

Non v’è dubbio che la natura giuridica del ricorso straordinario sia intimamente legata alla disciplina dell’istituto e alla sua evoluzione.

Per meglio comprendere la natura giuridica del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica si rende, dunque, necessario compiere un breve excursus della sua disciplina e degli interventi riformatori intervenuti nel tempo.

7.1.1. Il ricorso straordinario al Re, in origine, secondo la legge del Regno di Sardegna 30 ottobre 1859, n. 3707, ricalcava la disciplina del ricorso in via gerarchica al Re, differenziandosi da quest’ultimo per l’intervento del Consiglio di Stato, chiamato a rendere un parere avente carattere obbligatorio.

7.1.2. Successivamente, il procedimento del ricorso straordinario è stato modificato con la legge sul Consiglio di Stato del 20 marzo 1865, n. 2248, all. D, che riproduceva la legge del 1859, con la previsione della possibilità di disattendere il parere reso dal Consiglio di Stato con deliberato del Consiglio dei Ministri.

7.1.3. L’istituto in parola ha, poi, ricevuto nuova linfa con la riforma di semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi contenuta nel d.P.R. n. 1199 del 1971, tuttora vigente seppur con significative successive innovazioni.

La tesi prevalente, in passato, era nel senso che il predetto decreto avesse riconosciuto la natura amministrativo-giustiziale del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sulla scorta della considerazione che il ricorso poteva essere deciso, a seguito di deliberazione del Governo, anche in modo difforme dal parere reso dal Consiglio di Stato (cd. “decisione in dissenso”).

L’art. 14 del d.P.R. n. 1199 del 1971, nella sua originaria formulazione, infatti, consentiva all’organo decisore di sottoporre l’affare al Consiglio di Ministri in caso di dissenso rispetto alla soluzione offerta nel parere dal Consiglio di Stato in sede consultiva.

Dalla possibilità che il ricorso venisse deciso, non già sulla base del citato parere, espressione di un Organo magistratuale e di rilievo costituzionale qual è il Consiglio di Stato che applica il diritto oggettivo, ma sulla base delle determinazioni di un organo squisitamente politico, assunte sulla scorta di un apprezzamento discrezionale dei vari interessi in gioco, si faceva discendere la conclusione che, in questa eventualità, la decisione fosse espressione di un diritto “più mite”, interpretato cioè in modo meno rigido rispetto a quanto non avrebbero fatto le Sezioni consultive, oppure – ma non necessariamente in contrasto con la ricordata opzione per l’esegesi mitior – in considerazione di altre valutazioni, attinenti alla necessità di assicurare l’indirizzo politico-amministrativo del Governo o all’esigenza sistemica di non alterare l’unità e la coerenza giuridica dell’ordinamento.

7.1.4. La disciplina ha subito, poi, una importante evoluzione a favore della natura sempre più assimilabile alla giurisdizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dapprima per effetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, a seguito della sentenza 16 ottobre 1997, nelle cause riunite C-69/96 e 79/96, che ha qualificato il Consiglio di Stato in sede consultiva nell’ambito del procedimento per la decisione del ricorso straordinario come giudice nazionale, in quanto tale idoneo a sollevare una questione pregiudiziale di interpretazione innanzi al giudice comunitario; successivamente, con l’entrata in vigore della legge n. 69 del 2009, che ha adeguato l’istituto alle disposizioni della CEDU. In particolare, l’art. 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 – a seguito dell’ordinanza della Corte Costituzionale n. 254 del 21 luglio 2004, che aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla seconda sezione del Consiglio di Stato, in sede di emissione del parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, «per la natura dell’organo da cui promana, all’evidenza non giurisdizionale» – ha introdotto nel d.P.R. n. 1199/1971 una disposizione che prevede, espressamente, che la Sezione del Consiglio di Stato sospenda l’espressione del parere sul ricorso straordinario ed attivi l’incidente di costituzionalità, se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata.

Sempre l’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69, al comma 2, ha, inoltre, disposto l’aggiunta, al primo periodo del primo comma dell’art. 14 del d.P.R. n. 1199/1971, delle parole «conforme al parere del Consiglio di Stato» e la soppressione del secondo periodo del primo comma dello stesso articolo, nonché l’abrogazione del secondo comma, eliminando in tal modo la possibilità che il Ministero, nel formulare la proposta di decreto presidenziale, si discosti dal parere espresso dal Consiglio di Stato, previa sottoposizione della sua proposta al Consiglio dei Ministri.

L’intervento del legislatore, che da un lato ha reso vincolante il parere del Consiglio di Stato in seno al procedimento, e che, dall’altro lato, ha previsto espressamente la legittimazione del Consiglio di Stato a sollevare questione di legittimità costituzionale in sede consultiva (purché nell’ambito del procedimento per ricorso straordinario), ha eliminato alcune rilevanti differenze tra il procedimento per ricorso straordinario e quello giurisdizionale, soprattutto in ordine alla qualificazione e ai poteri dell’organo decidente.

Per effetto di tale riforma, il parere del Consiglio di Stato ha, pertanto, assunto la fisionomia di una vera e propria “decisione” vincolante.

7.1.5. Anche il nuovo codice del processo amministrativo (di cui all’Allegato 1 del d.lgs n. 104/2010) ha contribuito a confermare il significativo mutamento che ha interessato il ricorso straordinario.

Di rilevo il comma 8 dell’art. 7 del codice, secondo il quale «(i)l ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.».

Al riguardo si evidenzia la collocazione sistematica della superiore disposizione sotto la rubrica «Giurisdizione amministrativa», a cui sono intitolati sia il capo III del libro I che lo stesso art. 7.

A ciò si aggiunga l’ulteriore novità introdotta dall’art. 112, comma 2, lett. d), c.p.a., secondo cui il giudizio di ottemperanza è esperibile nei confronti «delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione;».

Il Senato della Repubblica aveva segnalato, in relazione alla bozza del codice, la necessità di inserire tra le decisioni da ottemperare anche quelle adottate dal Presidente della Repubblica in sede di ricorso straordinario, rese in regime di alternatività.

Il Governo aveva recepito tale osservazione indicando nella Relazione che il rimedio dell’ottemperanza fosse necessario per dare attuazione agli articoli 6 e 13 CEDU, i quali richiedono effettività di tutela «per le decisioni la cui cogenza è equiparata a quelle delle sentenze del Consiglio di Stato irrevocabili».

Il codice del processo amministrativo ha sancito, quindi, sia pure senza citare espressamente la decisione sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la possibilità di esercitare l’azione di ottemperanza, non soltanto in relazione alle sentenze passate in giudicato e ai provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo, ma anche con riferimento ai provvedimenti equiparati al giudicato.

Al riguardo, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (6 maggio 2013, n. 9) ha chiarito che «le considerazioni fin qui formulate in merito alla qualificazione della decisione su ricorso straordinario come decisione di giustizia inquadrabile nel sistema della giurisdizione amministrativa conducono al precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il ricorso al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo di cui alla lettera b) dell’art. 112, comma 2. Ne consegue che il ricorso per l’ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell’art. 113, comma 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta” (conf. per tutte, Cass. sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065 e 15 marzo 2012, n. 2129; Cons. Stato, Ad. Plen,. 5 giugno 2012, n. 18; sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4638; sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513).».

7.1.6. Mutuando quanto affermato dal Giudice delle Leggi sulla natura giuridica del ricorso straordinario, può allora concludersi che: «l’istituto ha perduto la propria connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo.» (Corte Cost., 2 aprile 2014, n. 73).

7.2. Esaminata, in generale, la disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e preso atto della sua naturale ambivalenza con una prospettiva di avvicinamento alla giurisdizione, occorre adesso esaminare la peculiare disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana.

7.2.1. Il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, a differenza di quello al Presidente della Repubblica, trova fondamento in una disposizione di rango costituzionale: l’art. 23 dello Statuto Siciliano, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

Al riguardo si evidenzia che, mentre il d.P.R. n. 1199/1971 potrebbe essere teoricamente abrogato con norma primaria e con esso potrebbe, quindi, essere disposta l’abolizione dell’istituto, altrettanto non sarebbe possibile per il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, la cui ipotetica soppressione richiederebbe la modifica di una fonte costituzionale.

7.2.2. L’art. 23 dello Statuto della Regione Siciliana prevede, poi, al comma 1, un “privilegio di foro”, di antica tradizione giudica isolana, posto che la disposizione stabilisce che: «(g)li organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione.» e, al successivo comma 2, che: «(l)e Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti svolgeranno altresì le funzioni rispettivamente consultive e di controllo amministrativo e contabile.».

Come riconosciuto dalla Corte costituzionale, «il decentramento territoriale degli organi giurisdizionali centrali, sancito in via di principio dal citato art. 23, corrisponde ad un’antica tradizione siciliana, che non si limita all’esperienza della Corte di cassazione di Palermo prima dell’unificazione del 1923, ma addirittura risale all’ordinamento del Regno delle Due Sicilie, con l’istituzione in Palermo di supremi organi di giustizia distinti da quelli omologhi con sede a Napoli. L’art. 23 contiene dunque un principio di specialità, che riafferma, anche se in termini generici ed atecnici, per di più formulati anteriormente alla redazione del testo costituzionale, un’aspirazione viva, e comunque saldamente radicata nella storia della Sicilia, ad ottenere forme di decentramento territoriale degli organi giurisdizionali centrali. I decreti menzionati hanno avuto l’intento di attuare concretamente questa aspirazione, predisponendo moduli organizzativi e funzionali, che, tra le realizzazioni astrattamente possibili, specificassero ed eventualmente integrassero i principi enunciati» (Corte cost. 4 novembre 2004, n. 316).

7.2.3. L’art. 23 dello Statuto dopo avere previsto, nei primi due commi, che il Consiglio di Stato e la Corte dei conti abbiano in Sicilia «le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione», stabilisce, al comma 4, che «(i) ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione, sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato».

Lo stesso art. 23 qualifica espressamente il ricorso straordinario come ricorso amministrativo e prevede il parere obbligatorio del Consiglio di Stato, recte della sua sezione regionale (nella specie, di queste Sezioni Riunite, ai sensi dell’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 373/2003), che è il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana.

Nell’applicazione dell’art. 23, comma 4, dello Statuto non è stato posto in dubbio che, ai fini della disciplina dell’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, debba aversi riguardo alla disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica contenuta nel d.P.R. n. 1199/1971, in forza del rinvio dinamico a tale normativa contenuto nell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 373/2003, fermo restando che sono comunque necessari una serie di adattamenti imposti, se non altro, dalla palese necessità di sostituire, ad esempio, i riferimenti agli organi statali con i riferimenti agli organi regionali funzionalmente corrispondenti.

La disposizione statutaria, in linea generale, ha lo scopo di disporre in sede regionale di organi giurisdizionali dotati di una specifica competenza nelle materie spettanti alla legislazione esclusiva delle Regione Siciliana, rendendo così maggiormente fruibile il sistema giurisdizionale tradizionalmente concentrato in sede centrale e al fine di completare un quadro di organizzazione amministrativa sul modello del sistema statale.

7.2.4. Oltre alle disposizioni statutarie deve, poi, aversi riguardo alle norme di attuazione.

Giova, innanzitutto, evidenziare che l’assetto complessivo del Governo regionale ripropone sostanzialmente quello dello Stato, così come risulta dal d.P.R. 29 gennaio 1982, n. 125, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana per l’attribuzione al Presidente della Regione, nell’esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative di competenza regionale, della adozione dei provvedimenti demandati al Capo dello Stato».

Tale decreto ha stabilito all’art. 1 che: «(n)ell’esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative spettanti alla regione ai sensi dello statuto e delle norme di attuazione previste dall’art. 43 dello statuto medesimo, il presidente della regione adotta, nel territorio regionale, i provvedimenti demandati al Capo dello Stato. Qualora detti provvedimenti debbano essere adottati previa deliberazione del Consiglio dei Ministri o su proposta dei Ministri competenti, il presidente della regione provvede previa deliberazione della giunta regionale su proposta degli assessori regionali competenti per materia.».

Al successivo art. 2 «(l)addove l’emanazione dei provvedimenti di cui all’art. 1 debba essere preceduta da pareri di organi consultivi, l’amministrazione regionale si avvale dei propri organi consultivi ovvero, in mancanza di questi, dei competenti organi dello Stato, sino a quando la regione non avrà diversamente provveduto. Se nell’esercizio dell’attività di cui al presente decreto l’amministrazione regionale è tenuta a richiedere pareri di organi consultivi dello Stato, questi sono direttamente richiesti dal presidente della regione.».

Nel quadro sopra delineato deve collocarsi il potere decisorio del Presidente della Regione sui ricorsi straordinari.

7.2.5. Il d.lgs. 6 maggio1948, n. 654, ha poi, dato una prima attuazione all’art. 23 dello Statuto con l’istituzione del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, a cui è affidato il compito di esercitare «le funzioni consultive e giurisdizionali spettanti alle sezioni regionali del Consiglio di Stato previste dall’art. 23 dello statuto della Regione siciliana».

7.2.6. Completano il quadro normativo vigente della speciale disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana le «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato», contenute nel d.lgs. n. 373/2003.

L’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 373/2003 dispone che «il Consiglio di giustizia amministrativa ha sede in Palermo ed è composto da due Sezioni, con funzioni, rispettivamente, consultive e giurisdizionali, che costituiscono Sezioni staccate del Consiglio di Stato».

Il già citato art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 373/2003 stabilisce che: «(s)ui ricorsi straordinari di cui all’articolo 23 dello Statuto il parere è obbligatorio ed è reso dalla adunanza delle Sezioni riunite del Consiglio di giustizia amministrativa. Per la validità dell’adunanza è richiesta la presenza di almeno nove membri.».

Il successivo comma 5 prevede che: «(q)ualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l’affare alla deliberazione della Giunta regionale.».

Secondo la norma di attuazione dello Statuto siciliano, dunque, il Presidente della Regione, a seguito di delibera di Giunta, può disattendere il parere del Consiglio di giustizia amministrativa, che risulta pertanto alla luce del comma 5 dell’art. 9 del d.lgs. n. 373/2003, obbligatorio, ma non vincolante, così come accadeva per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ante riforma del 2009.

Al riguardo si evidenzia che la disposizione del comma 5 dell’art. 9 del d.lgs. n. 373/2003 – in quanto contenuta in una fonte, anche se di legge ordinaria e non di rango costituzionale (vds. in particolare per le norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana, Corte Costituzionale n. 61/1975), pur sempre speciale e rinforzata, che opera nella materia da essa regolata su un piano diverso e superiore a quello della legge statale (vds. Corte Costituzionale n. 30/1959) – prevale in parte qua sull’art. 69 della menzionata legge n. 69/2009, là dove quest’ultima prevede la soppressione della decisione in difformità dal parere del Consiglio di Stato.

7.2.7. Si evidenzia, infine, che la disciplina del ricorso straordinario è completata dalla recente direttiva presidenziale sui ricorsi straordinari del 19 giugno 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, parte I, n. 37 del 3 luglio 2020, sul quale il Collegio ha reso parere n. 61 nell’adunanza del 25 febbraio 2020.

7.3. Dalla superiore ricostruzione normativa emerge che, a differenza del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, nell’ambito del quale il parere del Consiglio di Stato ha assunto i connotati di una vera e propria “decisione” vincolante, e che si caratterizza per essere sempre più tendenzialmente giurisdizionale nella sostanza, seppur formalmente amministrativo, il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana non ha subito tale evoluzione, perché come sopra ricostruito, l’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 373/2003 consente ancora al Presidente della Regione, a seguito di delibera di Giunta, di disattendere il parere del Consiglio di giustizia amministrativa, che risulta, come già osservato, pertanto obbligatorio, ma non vincolante.

7.3.1. Al riguardo, giova ricordare che queste Sezioni Riunite si sono già espresse sulla natura giuridica del ricorso straordinario in generale e ha affermato che «non condivide la tesi “amministrativista”, che sottovaluta l’irriducibilità del ricorso straordinario a un ordinario ricorso amministrativo (non foss’altro per il ruolo determinante assegnato a un Organo magistratuale e di rilievo costituzionale qual è il Consiglio di Stato), e nemmeno quella “giurisdizionale” (dal momento che, solo a voler fare un esempio, il contraddittorio che si attua nell’ambito del procedimento per ricorso straordinario, per come attualmente disciplinato, è ben lontano dagli standard richiesti per un qualunque contraddittorio processuale), tesi quest’ultima che, peraltro, difficilmente riesce a giustificare la perdurante ragion d’essere dell’istituto (giacché, se il ricorso straordinario fosse effettivamente “giurisdizionale”, esso sarebbe, nella migliore delle ipotesi, un inutile duplicato di un giudizio amministrativo o, nella peggiore delle ipotesi, un processo minore e deforme, confliggente con molti parametri di rango costituzionale e convenzionale in materia di giusto processo).» (Cgars, parere n. 61 reso nell’adunanza del 25 febbraio 2020).

La riferita polarizzazione del dibattito attorno alle due tesi, estreme e giustapposte, della “natura amministrativa” e della “natura giurisdizionale”, ha finito per porre in ombra quella che, ad avviso del Collegio, è la corretta dimensione giuridica in cui deve essere inquadrato il ricorso straordinario: la funzione giustiziale – attribuita in via generale al Consiglio di Stato, e che trova fondamento direttamente nell’art. 100, primo comma, della Costituzione (accanto alla funzione consultiva nel medesimo primo comma dell’art. 100 Cost. e a quella giurisdizionale, riconosciuta, per il Consiglio di Stato, dall’art. 103 Cost.) -, di cui esso è l’espressione più alta nel nostro ordinamento giuridico.

La funzione giustiziale, si colloca, dunque, tra l’amministrazione e la giurisdizione, e trova fondamento nella Costituzione, non soltanto nel richiamato art. 100 Cost., ma anche nell’art. 117 della Carta, là dove, nel secondo comma, alla lettera l), nell’elencare le materie di legislazione esclusiva dello Stato, si tiene distinta quella della «giurisdizione e norme processuali» dalla «giustizia amministrativa».

Per il Collegio «(l)a peculiarità della funzione giustiziale risiede nella circostanza che essa condivide il medesimo finalismo della giurisdizione (ossia, come accennato, la risoluzione dei conflitti), della quale presenta anche alcuni tratti strutturali (come il contraddittorio, l’attivazione a istanza di parte, la più o meno accentuata indipendenza del decidente, ecc.), pur rimanendo nell’ambito dell’attività amministrativa. Per un verso, infatti, la funzione giustiziale è una funzione propria dell’amministrazione; per altro verso, essa dà luogo a decisioni, destinate a risolvere un conflitto, che scaturiscono da un contenzioso che, nei modelli più sofisticati, replica l’isomorfismo trilaterale di un giudizio (è questo il caso, per l’appunto, del ricorso straordinario, ma anche dei procedimenti giustiziali delle Autorità indipendenti, in cui il decidente è spesso terzo rispetto alle parti).».

Il Collegio condivide, in conclusione, quanto affermato dal Consiglio di Stato, in adunanza generale, il 5 dicembre 2019, n. 3071, secondo cui: «(i)l c.d. processo di “giurisdizionalizzazione”, avviato dalla legge n. 69/2009, deve essere più correttamente inteso come un percorso di tendenziale avvicinamento del ricorso straordinario al ricorso giurisdizionale essenzialmente sotto il profilo delle garanzie del procedimento, senza che si possa affermare alcuna identità od equiparazione tra l’uno e l’altro, dovendosi al contrario ribadire la specificità e la peculiarità del ricorso straordinario governato autonomamente da una compiuta disciplina normativa, come anche recentemente rilevato dalla Consulta con sentenza n. 73 del 2 aprile 2014, ove è stata ribadita la diversa disciplina tra il rimedio giurisdizionale ed il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica».

7.3.2. Con particolare riferimento al ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana il Collegio ribadisce che «(s)e le considerazioni appena svolte valgono sia per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sia per il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, ancor più evidente è, nel secondo istituto, la sua irriducibilità alla giurisdizione intesa in senso proprio, da cui la conseguente erroneità della tesi, quasi tralatizia nella dottrina prevalente, che accosta i due strumenti giustiziali alla giurisdizione (ancorché la tesi della giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario sia stata di recente posta in discussione; v., al riguardo, le sentenze della Corte costituzionale 2 aprile 2014, n. 73 e 9 febbraio 2018, n. 24, nonché il parere del Consiglio di Stato, reso nell’adunanza generale, 5 dicembre 2019, n. 3071). Tale accostamento, secondo il Collegio, per i motivi sopra riferiti non vale pienamente per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed è invece una inesatta e fuorviante descrizione meramente fenomenica nel caso del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana per la semplice, ma dirimente ragione che a una ricostruzione del genere si oppone la chiarezza di plurimi dati positivi.» (Cgars, parere n. 61 reso nell’adunanza del 25 febbraio 2020).

In conclusione, alla luce dell’attuale quadro normativo il Collegio riafferma che il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana – sul quale, giova ribadire ancora una volta, le Sezioni riunite di questo Consiglio sono chiamate ad esprimere un parere obbligatorio, ma non vincolante, a differenza di quanto avviene nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica – non può essere assimilato al ricorso giurisdizionale ed esso è sempre stato e rimane un rimedio amministrativo giustiziale a carattere impugnatorio e a struttura contenziosa.

Tale duplicità della funzione si riflette anche nella disciplina degli istituti giustiziali, i cui procedimenti sono e rimangono comunque procedimenti amministrativi, pur mutuando taluni tratti dei giudizi.

Di conseguenza le loro discipline, rectius le eventuali lacune di tali discipline, possono essere colmate attraverso il ricorso sia ai principi del procedimento amministrativo sia a quelli del processo, a seconda della natura più o meno contenziosa dello specifico procedimento e delle esigenze che occorre, di volta in volta, tutelare.

7.4. Esclusa la (piena) natura giurisdizionale o para-giurisdizionale del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, può ora darsi soluzione alla disciplina applicabile al caso, come quello in esame, di incompetenza funzionale di questo Consiglio in ordine alla impugnazione di un atto non “regionale”, con particolare riguardo alla possibilità, o no, di proseguire oppure di riproporre il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, evitando così la mera pronuncia, in rito, declaratoria dell’inammissibilità, che da sola non garantirebbe una tutela piena ed effettiva per i ricorrenti.

7.4.1. Deve, innanzitutto, escludersi la possibilità di applicare direttamente gli istituti processuali che presuppongono la pendenza o la definizione di un procedimento giurisdizionale in senso stretto, in ragione della riconosciuta natura amministrativo-giustiziale del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana.

Non può, di conseguenza, farsi applicazione diretta dell’istituto processuale della riassunzione previsto e disciplinato dall’art. 15, comma 4, c.p.a., secondo cui «(i)l giudice provvede con ordinanza, nei casi di cui ai commi 2 e 3. Se dichiara la propria incompetenza, indica il giudice ritenuto competente. Se, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato competente, il processo continua davanti al nuovo giudice.».

Allo stesso modo non può farsi ricorso al meccanismo della translatio iudicii, utilizzato di recente dalla Prima Sezione del Consiglio di Stato nel parere n. 203 del 13 gennaio 2021, nel caso di impugnazione al Presidente della Repubblica (e non al Presidente della Regione), dell’ordinanza del Sindaco di un comune siciliano, in quanto anch’esso presuppone «una lettura estensiva della previsione di legge e alla luce della ben nota evoluzione, in senso (tendenzialmente) giurisdizionale, del ricorso straordinario», lettura estensiva che il Collegio non ritiene di condividere, come precisato nel proprio parere n. 61 reso nell’adunanza del 25 febbraio 2020.

7.4.2. Esclusa l’applicazione al caso che ne occupa degli istituti processuali della riassunzione e della traslatio iudicii, applicabili al processo e non al procedimento amministrativo, non resta che vedere se all’interno della disciplina contenuta nel d.P.R. n. 1199/1971 sia rinvenibile la soluzione alla questione che interessa, onde scongiurare il rischio di una contrazione di tutela per il cittadino.

Al riguardo, deve, innanzitutto, rilevarsi che le disposizioni del d.P.R. n. 1199/1971, in forza del rinvio dinamico contenuto nell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 373/2003, si applicano al ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana.

In passato, il Collegio ha fatto applicazione dell’istituto dell’errore scusabile, espressamente previsto nella disciplina del ricorso straordinario dall’art. 13 del d.P.R. n. 1199/1971, concedendo apposito termine per la riproposizione del ricorso al Presidente della Repubblica, tutte le volte in cui nel provvedimento impugnato non era fatta menzione dei rimedi esperibili avverso di esso.

La soluzione della rimessione in termini per errore scusabile nel caso di impugnazione di atto “non regionale”, tuttavia, ad una revisione critica, non appare del tutto convincente.

A ben considerare, invero, l’art. 13 del d.P.R. n. 1199/1971 prevede l’espressione del parere sul ricorso straordinario: «a) per la dichiarazione di inammissibilità, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, salva la facoltà dell’assegnazione di un breve termine per presentare all’organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile, contro atti non definitivi;».

La rimessione in termini, istituto di carattere eccezionale, è, dunque, prevista dall’art. 13 del d.P.R. n. 1199/1971 nel solo caso di erronea impugnazione «contro atti non definitivi».

È comprensibile la scelta del legislatore di riconoscere l’errore scusabile in caso di impugnazione di atto non definitivo, non essendo agevole per il comune cittadino comprendere se l’atto sia definitivo o no, ove si consideri, per di più, che per la proposizione del ricorso straordinario non è obbligatoria l’assistenza tecnica di un difensore.

Trattandosi di norma di stretta applicazione, e in assenza di una lacuna normativa, non è, pertanto, applicabile analogicamente l’errore scusabile alla diversa fattispecie di impugnazione di atto “non regionale”, risultato al quale potrebbe, in astratto, pervenirsi – ma non, si ripete, in questa ipotesi – anche in via di integrazione analogica dell’art. 37 c.p.a.

7.4.3. Atteso il carattere giustiziale del ricorso straordinario, che lo assimila al ricorso amministrativo, anch’esso rimedio di natura giustiziale in quanto «la decisione gerarchica, pur essendo un provvedimento amministrativo, assume non di meno carattere e funzione di pronuncia giudiziale a conclusione di un procedimento di natura contenziosa» (Cons. Stato, sez. VI, 8 novembre 1977, n. 846), il Collegio, onde colmare la lacuna legis, ritiene applicabile al caso che ne occupa i principi generali contenuti nel capo I del d.P.R. n. 1199/1971.

L’art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 1199/1971 prevede, infatti, che: «(i) ricorsi rivolti, nel termine prescritto, a organi diversi da quello competente, ma appartenenti alla medesima amministrazione, non sono soggetti a dichiarazione di irricevibilità e i ricorsi stessi sono trasmessi d’ufficio all’organo competente.».

Secondo il principio generale ricavabile dall’art. 2, comma 3, non viene meno, pertanto, l’obbligo di pronuncia dell’amministrazione nel caso di ricorso rivolto, entro i termini di legge (e ciò, si noti bene, quand’anche il destinatario del provvedimento impugnato, poi ricorrente, fosse stato reso espressamente edotto dello specifico regime di impugnativa), ad un organo diverso da quello competente, ma «appartenente alla medesima amministrazione», in quanto il ricorso deve essere trasmesso d’ufficio all’organo competente.

Ora, facendo applicazione del superiore principio al caso del ricorso straordinario proposto per errore al Presidente della Regione Siciliana, anziché al Presidente della Repubblica, è ragionevole ritenere che non venga meno l’obbligo di pronuncia e che debba procedersi d’ufficio, una volta dichiarata l’inammissibilità del ricorso, alla immediata trasmissione del ricorso al Consiglio di Stato nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta nel termine di 120 giorni, prescritto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971, pena, in caso contrario, una ingiustificata limitazione dei principi di pienezza ed effettività di tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.

Non è dubitabile, infatti, che il ricorso, in tal caso, sia stato proposto avanti a un organo appartenente a una “medesima amministrazione”, dal momento che il ricorrente in via straordinaria mira, non tanto a ottenere il decreto del Presidente della Repubblica o del Presidente della Regione (giacché tali atti si limitano a recepire, per il primo, o di norma a recepire, per il secondo, il parere reso dall’organo magistratuale), ma, nella sostanza, ad acquisire, sulla questione controversa, un parere del Consiglio di Stato, di cui questo Consiglio è sezione staccata e, dunque, per l’appunto, una «medesima amministrazione» e ciò indipendentemente dalla diversa efficacia di tale parere (ossia, a prescindere dalla circostanza che tale parere abbia l’efficacia di una “decisione”, come avviene per il parere reso in sede straordinaria dal Consiglio di stato, oppure quella di un parere in senso proprio, come si verifica per l’avviso espresso da queste Sezioni Riunite).

Infatti, ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Regione Siciliana e dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 373/2003, «il Consiglio di giustizia amministrativa ha sede in Palermo ed è composto da due Sezioni, con funzioni, rispettivamente, consultive e giurisdizionali, che costituiscono Sezioni staccate del Consiglio di Stato».

Considerato che «il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana non può essere assimilato a un ricorso giurisdizionale ed esso è sempre stato e rimane un rimedio amministrativo giustiziale a carattere impugnatorio e a struttura contenziosa» (Cgars, parere n. 61 reso nell’adunanza del 25 febbraio 2020) e ritenuto che la medesima funzione giustiziale è rinvenibile nel ricorso amministrativo, la cui disciplina, ove esprima un principio di carattere generale, ben può essere applicata per colmare lacune normative del ricorso straordinario, il Collegio ritiene di fare applicazione del principio di carattere generale posto dall’art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 1199/1971, al caso di proposizione di ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana avverso un provvedimento promanante da un’autorità statale e non regionale, con conseguente trasmissione d’ufficio dello stesso al Consiglio di Stato, a cui spetta la competenza di rendere il parere richiesto.

In tutta evidenza la soluzione sopra prospettata garantisce una piena, effettiva e satisfattiva tutela delle posizioni giuridiche lese da provvedimenti amministrativi, nonché una struttura unitaria, conservando tutti gli effetti sostanziali prodotti dal ricorso, in quanto la trasmissione nemmeno comporta la necessità di instaurare un nuovo procedimento, realizzando invece l’ipotesi di una mera prosecuzione, in altra sede, di quello originariamente proposto al Presidente della Regione Siciliana.

Pone, altresì, rimedio al rischio di una tutela minore di chi abbia proposto per errore, sotto il profilo della competenza, un ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana anziché al Presidente della Repubblica.

Nel caso, infatti, esaminato dal Consiglio di Stato, pur dichiarando l’inammissibilità del ricorso, che era stato rivolto al Presidente della Repubblica e non al Presidente della Regione Siciliana, nonostante oggetto dell’impugnazione fosse un’ordinanza sindacale di un Comune della Regione Siciliana, la Prima Sezione ha ritenuto che «vada favorito il rafforzamento delle garanzie offerte dall’ordinamento, nei suoi rapporti con le tutele assicurate dalla Convenzione EDU, quale che sia il rimedio giustiziale (ricorso al Presidente della Repubblica ovvero al Presidente della Regione siciliana). È dunque auspicabile che le decisioni in rito sulla inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (in favore del rimedio giustiziale al Presidente della Regione siciliana) non si riflettano in una contrazione delle tutele convenzionali per il singolo.» e non ha avuto dubbi sulla necessità di fare salvi gli effetti sostanziali della domanda proposta all’autorità incompetente attraverso l’istituto della translatio iudicii, concedendo un termine perentorio per la riassunzione sulla scorta di «una lettura estensiva della previsione di legge e alla luce della ben nota evoluzione, in senso (tendenzialmente) giurisdizionale, del ricorso straordinario» (Cons. Stato, sez. I, parere 203 del 13 gennaio 2021).

La differente disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, che non consente la lettura estensiva nel senso sopra affermato dal Consiglio di Stato, non può tradursi in una contrazione delle tutele e garanzie per il singolo nei confronti della pubblica amministrazione.

Attraverso l’individuazione del principio generale tratto dalla disciplina del ricorso gerarchico e contenuta nel d.P.R. n. 1199/1971, viene, così, scongiurato il rischio di una limitazione di tutela e di garanzie del cittadino che abbia proposto, per errore, ricorso al Presidente della Regione Siciliana avverso un atto “non regionale” rispetto a colui il quale ha proposto ricorso al Presidente della Repubblica avverso un “atto regionale”.

Allo stesso modo si riconosce, anche attraverso il ricorso ad una differente disciplina, in ragione della diversa natura del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, la possibilità di proseguire l’impugnazione avanti l’autorità competente mantenendo una struttura unitaria e conservando tutti gli effetti sostanziali prodottisi.

7.5. Per le ragioni sopra espresse, il presente ricorso, essendo stato proposto nei termini di legge, previa declaratoria di inammissibilità, va trasmesso al Consiglio di Stato a cura dell’Ufficio legislativo e legale al quale vanno restituiti gli atti, unitamente al presente parere.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana esprime il parere che il ricorso debba dichiarato inammissibile e dispone la trasmissione d’ufficio del ricorso al Consiglio di Stato nei modi indicati in motivazione.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Martines Gabriele Carlotti

IL SEGRETARIO

Giuseppe Chiofalo