LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f. –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di sez. –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27983/2020 R.G. proposto da _____________ S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. _________., in proprio ed in qualità di mandataria del Raggruppamento Temporaneo d’Imprese con _________ S.R.L., ___________ S.C.A.R.L., _________ S.R.L., _______ S.P.A. e ________ S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avv. ___________, con domicilio eletto in Roma, via Polibio, n. 15;
– ricorrente –
contro
________ S.P.A., _______ S.P.A e CONSIP S.P.A.;
– intimate –
avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 579/20, depositata il 24 gennaio 2020; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, la _______ S.p.a., in qualità di mandataria del Raggruppamento Temporaneo d’Imprese costituito con _________ S.r.l., e la __________ S.p.a., succeduta all’_________ in qualità di affittuaria dell’azienda, chiesero l’annullamento del provvedimento emesso l’8 ottobre 2018, con cui, all’esito di una gara indetta con bando del 29 dicembre 2015, la Consip S.p.a. aveva aggiudicato al Raggruppamento Temporaneo d’Imprese costituito dalla ________ S.p.a. con _______ S.r.l., _______ S.c.a.r.l., la ________ S.r.l., la _______ Ingegneria e la _____ S.r.l., il lotto 9 dei “servizi relativi alla gestione integrata della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro per le Pubbliche Amministrazioni, ai sensi della L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 26 e della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 58 – edizione 4” (c.d. Gara SIC 4).
A sostegno della domanda, le ricorrenti dedussero l’illegittimità del provvedimento di ammissione alla gara del RTI aggiudicatario, per inaffidabilità della _______ Ingegneria, dovuta ad un grave errore commesso nell’esercizio dell’attività professionale; rilevarono che, su segnalazione della commissione giudicatrice, la stazione appaltante aveva denunciato all’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato l’esistenza di una possibile intesa restrittiva della concorrenza, in ordine alla quale era stata avviata un’istruttoria; censurarono infine il punteggio attribuito all’offerta del RTI _____ ed il giudizio di congruità effettuato a seguito di verifica dell’anomalia della offerta.
Si costituirono la Consip e la ________, e resistettero alla domanda, chiedendone il rigetto.
1.1. Con sentenza del 6 maggio 2019, il Tar rigettò la domanda.
2. L’impugnazione proposta dalla _______ e dalla _______ è stata accolta dal Consiglio di Stato, che con sentenza del 24 gennaio 2020, ha annullato i provvedimenti impugnati, dichiarando inefficace, ai sensi dell’art. 122 cod. proc. amm., la convenzione stipulata dalla Consip con la _______.
Premesso che la condotta della Consip doveva essere valutata alla luce delle circostanze esistenti al momento dell’aggiudicazione, senza tener conto degli atti sopravvenuti dell’AGCM, quali la comunicazione della chiusura dell’istruttoria ed il provvedimento sanzionatorio dell’intesa anticoncorrenziale, il Giudice amministrativo di secondo grado ha ritenuto insussistente un rapporto di pregiudizialità tra la controversia in esame ed il giudizio d’impugnazione promosso nei confronti del provvedimento sanzionatorio. Ha escluso inoltre l’inammissibilità del ricorso in primo grado per difetto d’interesse, eccepita dalla ______ in ragione dell’esistenza di motivi di esclusione della controparte dalla procedura di gara, osservando che le stesse avrebbero dovuto essere fatte valere con ricorso incidentale, trattandosi di vizi del provvedimento di ammissione alla gara.
Nel merito, richiamata la sequenza degli atti, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la decisione della Consip di procedere all’aggiudicazione in favore della _______ quando era già possibile, per il dettaglio e la compiutezza degli elementi indiziari a disposizione, maturare un giustificato convincimento in ordine all’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, fosse viziata da eccesso di potere per contrasto con il principio di ragionevolezza dell’azione amministrativa. Pur ritenendo comprensibile la scelta di non procedere direttamente all’esclusione degli operatori per mancanza di una prova adeguata dell’errore commesso nell’esercizio dell’attività professionale o per falsa dichiarazione, ha affermato che era ragionevole attendersi che la stazione appaltante soprassedesse all’aggiudicazione fino a che non fossero stati resi noti gli esiti del procedimento sanzionatorio, previa eventuale adozione di adeguati provvedimenti interinali, in modo tale da evitare di premiare con l’aggiudicazione un concorrente che essa stessa, sulla base degli elementi raccolti, aveva già ritenuto gravemente indiziato di partecipazione all’accordo illecito.
Quanto poi alla legittimità dell’ammissione alla gara del RTI aggiudicatario, nonostante il provvedimento di risoluzione contrattuale adottato dalla Regione Sardegna nei confronti della ______ Ingegneria, il Consiglio di Stato ha escluso che, nel rigettare la relativa censura, il Tar avesse integrato la motivazione del provvedimento adottato dalla Consip, osservando che quest’ultimo indicava ampiamente le ragioni della scelta, costituite dal comportamento tenuto dall’impresa, improntato a logiche collaborative e non integrante i caratteri della trascuratezza nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, dalla consistenza delle negligenze ad essa addebitate, tali da non giustificare l’esclusione dalla gara, e dalla complessità della pregressa vicenda contrattuale, di non facile valutazione ed ancora sub judice.
3. Avverso la predetta sentenza la ______ ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Le intimate non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia il difetto assoluto di giurisdizione e lo sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa, affermando che, nell’annullare l’aggiudicazione, sulla base di una semplice segnalazione della stazione appaltante e dell’avvio delle indagini da parte dell’AGCM, il Giudice amministrativo ha invaso la sfera di competenza riservata all’Autorità amministrativa, avendo determinato una sospensione sine die della procedura di gara, in attesa di un accertamento definitivo sull’intesa anticoncorrenziale, senza che alcuna norma lo consentisse, ed avendo imposto all’Amministrazione la prestazione di una tutela cautelare anomala, fondata su una valutazione prognostica in ordine alla futura adozione di un provvedimento sanzionatorio nei confronti di essa ricorrente. Premesso che la gara avrebbe potuto essere annullata soltanto se la sanzione fosse intervenuta prima dell’aggiudicazione, trovando altrimenti applicazione la presunzione d’innocenza sancita dall’art. 27 Cost., dagli artt. 47 e 48 CDFUE e dall’art. 6 CEDU, sostiene che la sentenza impugnata ha impedito all’Amministrazione di valutare autonomamente la sua posizione, condizionando l’aggiudicazione definitiva alle successive verifiche dell’AGCM, senza considerare che, in caso di condanna da parte di quest’ultima, il disciplinare di gara attribuiva alla Consip il potere di risolvere il contratto. Precisato inoltre che l’Amministrazione aveva atteso più di otto mesi prima di disporre l’aggiudicazione definitiva, avendo valutato la possibilità di adottare provvedimenti diversi, osserva che, ai sensi del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 81, comma 3, la decisione di non procedervi, rimessa in via esclusiva alla stazione appaltante, in quanto idonea a determinare una responsabilità pre-contrattuale, avrebbe richiesto un’adeguata motivazione in ordine alle esigenze di autotutela ad essa sottese. Rileva invece che la sentenza impugnata ha immotivatamente imposto una sospensione generica, sottoponendo la scelta dell’Amministrazione ad un controllo di ragionevolezza fondato non già sulla disciplina del procedimento amministrativo, ma su circostanze sopravvenute, collegate all’esito del procedimento sanzionatorio. Sostiene infine che la rilevanza attribuita al possibile accertamento dell’intesa anticoncorrenziale da parte dell’AGCM si pone in contrasto con il carattere non automatico dell’esclusione prevista dal D.Lgs. n. 163 cit., art. 38, comma 1, lett. f), la quale richiede un provvedimento motivato della stazione appaltante, emesso sulla base di un’autonoma valutazione discrezionale del comportamento tenuto dal concorrente.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce il difetto assoluto di giurisdizione e lo sconfinamento nella sfera riservata alla potestà legislativa, osservando che la decisione del Giudice amministrativo costituisce espressione di un nuovo principio di diritto, non previsto dalla legge, secondo cui, in presenza di una segnalazione all’AGCM, l’Amministrazione è tenuta a sospendere a tempo indefinito il procedimento di gara, in attesa dell’esito del procedimento sanzionatorio. Sostiene che la sentenza impugnata ha preteso di vincolare l’attività discrezionale dell’Amministrazione all’osservanza di un criterio di ragionevolezza anomalo e contrario ai principi di economia processuale e parità di trattamento ed alla presunzione d’innocenza, avendo per un verso omesso di esaminare i rilievi formulati da essa ricorrente in ordine alla posizione della ________, anch’essa coinvolta nel procedimento sanzionatorio, e della ________, destinataria di numerose risoluzioni contrattuali, ed essendo per altro verso incorsa in ultrapetizione, per non aver considerato che la ________ non aveva chiesto una nuova valutazione dei requisiti di ammissione alla gara sulla base di fatti sopravvenuti, ma si era limitata a far valere l’omesso accertamento dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. f).
3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta il difetto assoluto di giurisdizione e la violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale e del giusto processo e della presunzione d’innocenza, osservando che la sospensione sine die del procedimento di gara disposta dalla sentenza impugnata non solo non soddisfa gl’interessi coinvolti nel giudizio, in quanto impone alla Amministrazione di rivalutare i requisiti di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38 sulla base di fatti sopravvenuti, ma lede i diritti di essa ricorrente, la cui tutela avrebbe dovuto essere anteposta a quella dell’interesse legittimo di cui era titolare la controparte. Ribadisce che la decisione si pone in contrasto con la presunzione d’innocenza, sancita dall’art. 6 CEDU e dall’art. 48 CDFUE ed operante anche nell’ambito dei procedimenti sanzionatori a tutela della concorrenza, la quale avrebbe imposto alla stazione appaltante di considerare essa ricorrente innocente fino alla condanna, e quindi di non conferire alcun rilievo alle segnalazioni d’intese anticoncorrenziali intervenute nel corso del procedimento. Aggiunge che, in quanto sanciti dal diritto comunitario, i predetti principi operano come limiti esterni alla giurisdizione del Giudice amministrativo, chiede, in via subordinata, di sollevare questione di legittimità costituzionale o questione pregiudiziale d’interpretazione del diritto comunitario, al fine di stabilire se, in caso di segnalazione di condotte anticoncorrenziali, la sospensione della procedura di gara in attesa dell’accertamento definitivo in ordine alla condotta del soggetto segnalato comporti la violazione dell’art. 27 Cost. o dell’art. 6 CEDU.
1. Il primo motivo è parzialmente fondato, mentre il secondo ed il terzo sono inammissibili.
La sentenza impugnata non merita infatti censura nella parte in cui ha ritenuto che la decisione della Consip di procedere all’aggiudicazione della gara in favore del RTI _______, pur in presenza di elementi indiziari dettagliati e compiuti in ordine all’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza tra gli operatori concorrenti, fosse affetta da eccesso di potere per contrasto con il principio di ragionevolezza dell’azione amministrativa.
Com’e’ noto, la verifica di tale vizio postula un vaglio ab externo dell’atto impugnato, volto ad accertarne la corrispondenza ai canoni di buon andamento della pubblica amministrazione, sotto il profilo dell’adeguatezza dei mezzi giuridici utilizzati e della pertinenza dei contenuti rispetto alle finalità perseguite, nonché della proporzionalità delle misure adottate rispetto alla ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda, in modo tale da far emergere, a fronte dell’esercizio di poteri discrezionali, eventuali elementi sintomatici di una strumentalizzazione della funzione amministrativa per un fine diverso da quello previsto dalla legge (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9/02/2015, n. 657; 30/ 04/1999, n. 753). Esso costituisce il risultato di un’evoluzione del sindacato tradizionalmente esercitato dal Giudice amministrativo in ordine al vizio di eccesso di potere, sviluppatosi a partire dal riscontro delle figure classiche dell’errore di fatto e del difetto di istruttoria, per approdare infine ad un controllo sul modo in cui la funzione amministrativa è stata in concreto esercitata, che, pur non spingendosi fino ad un riesame nel merito della valutazione compiuta dall’organo amministrativo, implica una verifica dell’effettiva sussistenza degl’interessi considerati e dell’eventuale pretermissione di elementi rilevanti, nonché della coerenza e logicità delle ragioni addotte, tale da consentire di appurare la divergenza dell’atto dalla sua funzione tipica (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 8/01/2013, n. 26; Cons. Stato, Sez. IV, 17/ 12/2003, n. 8306). E’ in quest’ottica che la sentenza impugnata ha posto in rilievo le finalità cui è preordinata la procedura di evidenza pubblica, individuandole nella scelta del contraente più affidabile per l’esecuzione di un determinato contratto di appalto, e ritenendo incoerente con tale obiettivo la decisione della stazione appaltante di dare senz’altro corso all’aggiudicazione, a dispetto degli elementi indiziari emersi in ordine alla condotta anticoncorrenziale di alcuni partecipanti alla gara: per un verso, infatti, il Giudice amministrativo ha reputato comprensibile la scelta della Consip di non procedere essa stessa all’esclusione degli operatori coinvolti nell’intesa restrittiva, per mancanza di mezzi di prova adeguati in ordine alla commissione di un grave errore nell’esercizio della loro attività professionale o ad una falsa dichiarazione, richiamando le indicazioni fornite dall’AGCM in ordine alla valenza delle segnalazioni ad essa inviate, ritenute inidonee ad esprimere una raggiunta consapevolezza della stazione appaltante in ordine all’esistenza di criticità concorrenziali nell’ambito della propria procedura di gara; per altro verso, tuttavia, ha evidenziato l’illogicità della determinazione adottata, che rischiava di favorire il risultato dell’alterazione della concorrenza, correttamente precisando che, in attesa delle determinazioni dell’Autorità Garante, spettava alla stazione appaltante il compito di regolarsi, secondo le circostanze del caso, in ordine al prosieguo della procedura, eventualmente soprassedendo all’aggiudicazione, e ciò con l’obiettivo imprescindibile di evitare che il supposto accordo illecito potesse trovare attuazione, incidendo negativamente sull’azione amministrativa.
4.1. In quanto avente come parametri di riferimento le norme che disciplinano i requisiti di partecipazione alle procedure per l’affidamento degli appalti pubblici ed i criteri per l’individuazione dell’offerta migliore, il ragionamento svolto nella sentenza impugnata si sottrae alla censura di eccesso di potere per invasione dell’area riservata al potere legislativo.
Tale vizio postula infatti che il giudice speciale non abbia applicato una norma esistente, ma una norma da lui creata, in tal modo esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non è pertanto configurabile qualora egli si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto, anche se non l’abbia desunta dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela, dal momento che tale operazione non può dar luogo ad una violazione dei limiti esterni della giurisdizione, ma, al più, ad un error in judicando, non deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, (cfr. Cass., Sez. Un., 7/07/2021, n. 19244; 11/09/2019, n. 22711; 27/06/2018, n. 16974). Nella specie, d’altronde, il vaglio cui il Giudice amministrativo ha sottoposto il provvedimento impugnato non richiedeva un’attività esegetica particolarmente complessa, trovando specifici riferimenti nel D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 38 e 81 che, nell’attribuire alla stazione appaltante rispettivamente il potere di escludere dalla gara i concorrenti che non offrano sufficienti garanzie di affidabilità e quello di non procedere all’aggiudicazione in presenza di offerte non convenienti o inidonee, le riconoscono un’ampia discrezionalità, il cui esercizio (o mancato esercizio, come nella fattispecie in esame), non condizionato dalle valutazioni tecniche della commissione giudicatrice, ma avente come obiettivo la soddisfazione degl’interessi perseguiti attraverso la gara, risulta sindacabile proprio per irragionevolezza, oltre che per vizi procedurali, travisamento dei fatti o manifesta illogicità (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28/07/2015, n. 3721; Cons. Stato, Sez. III, 4/09/2013, n. 4433; Cons. Stato, Sez. IV, 17/05/2012, n. 2848).
4.2. Il rilievo conferito all’adeguatezza della determinazione assunta dalla stazione appaltante rispetto alla situazione in atto al momento della sua adozione, alla sua congruenza con le finalità proprie della gara ed alla logicità della scelta compiuta, in presenza di possibili soluzioni alternative, consente poi di escludere che, attraverso il predetto sindacato, il Consiglio di Stato si sia indebitamente ingerito nelle valutazioni di competenza della Pubblica Amministrazione, sottraendo la sentenza impugnata anche alle censure di sconfinamento nel merito amministrativo.
In proposito, va infatti richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il predetto vizio deve ritenersi sussistente ogni qualvolta l’indagine compiuta dal Giudice amministrativo abbia ecceduto i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, traducendosi in una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto impugnato, ovvero quando la statuizione adottata, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, non lasci spazio per ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa, in tal modo facendo emergere la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, mediante una pronuncia avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propri del provvedimento sostituito (cfr. Cass., Sez. Un., 4/02/2021, n. 2604; 24/ 05/2019, n. 14264; 26/11/2018, n. 30526). La prima fattispecie ricorre quando il Giudice amministrativo invade arbitrariamente il campo dell’attività riservata alla Pubblica Amministrazione attraverso l’esercizio di poteri di cognizione e di decisione non previsti dalla legge, cioè compiendo atti di valutazione della mera opportunità dell’atto impugnato, la seconda quando sostituisca propri criteri di valutazione a quelli discrezionali dell’Amministrazione o adotti decisioni finali c.d. autoesecutive, ovverosia interamente sostitutive delle determinazioni impugnate, con conseguente trapasso da una giurisdizione di legittimità a quella di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 9/11/2011, n. 23302; 15/03/1999, n. 137). Nel caso in esame, è proprio l’oggetto dell’indagine svolta dal Consiglio di Stato, avente come termini di riferimento non già i vantaggi e gl’inconvenienti derivanti dalla soluzione adottata, ma i canoni di razionalità e ponderatezza che avrebbero dovuto guidare la stazione appaltante nella valutazione dei presupposti di fatto che hanno condotto all’adozione del provvedimento impugnato, a consentire di escludere che, attraverso il predetto apprezzamento, il Giudice amministrativo si sia spinto oltre i limiti del sindacato di legittimità ad esso demandato, svolgendo un controllo diretto sulla convenienza e l’opportunità dell’aggiudicazione.
4.3. Non possono trovare ingresso, in questa sede, le censure sollevate dalla ricorrente in ordine alle modalità di svolgimento del predetto sindacato, e segnatamente al rilievo indebitamente conferito dalla sentenza impugnata al provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM, quale fatto sopravvenuto inidoneo a giustificare la decisione di non procedere all’aggiudicazione, alla mancata allegazione di tale elemento a sostegno dell’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione ed all’omessa pronuncia in ordine alla posizione dell’_________, asseritamente analoga a quella della ricorrente.
Indipendentemente dalla duplice precisazione compiuta al riguardo dal Giudice amministrativo, secondo cui la condotta della Consip doveva essere valutata alla luce delle circostanze esistenti al momento dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione, senza tener conto degli atti sopravvenuti dell’AGCM, mentre eventuali cause di esclusione dell’_______ dalla procedura di gara avrebbero dovuto essere fatte valere a mezzo di ricorso incidentale, la cui mancata proposizione ne precludeva l’accertamento, tali doglianze non risultano infatti deducibili con il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione: in quanto concernenti la valutazione dell’ampiezza del potere discrezionale attribuito alla stazione appaltante e l’identificazione dei vizi fatti valere con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, esse riflettono, rispettivamente, un’errata interpretazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 81, comma 3 e l’inosservanza dei limiti della domanda, configurabili come errores in judicando e in procedendo, e restano pertanto sottratte al sindacato di questa Corte, il quale può avere ad oggetto esclusivamente l’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, e non anche il modo in cui tale giurisdizione è stata in concreto esercitata (cfr. Cass., Sez. Un., 27/06/2018, n. 16974; 22/04/2013, n. 9687; 4/10/2012, n. 16849).
4.4. Parimenti estranea al predetto sindacato deve ritenersi la violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale, del giusto processo e della presunzione d’innocenza, dedotta dalla ricorrente in riferimento alle norme della CEDU e del TFUE.
Come questa Corte ha già avuto modo di precisare, infatti, la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto Europeo da parte del Giudice amministrativo, non concreta un eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione, tale da giustificare il ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, dal momento che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale, e non può quindi integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che si verifica invece nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è in astratto priva di tutela per difetto assoluto di giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un. 19/12/2018, n. 32773; 6/06/2017, n. 13976; 3/07/2012, n. 11075). Nell’ambito della giurisdizione amministrativa, spetta d’altronde al Consiglio di Stato, in qualità di giudice di ultima istanza, il compito di garantire, nello specifico ordinamento di settore, la conformità del diritto interno a quello della Unione Europea, se del caso avvalendosi del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, mentre l’eventuale lesione del principio di effettività della tutela, derivante da decisioni adottate dal Giudice amministrativo in pregiudizio di situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto dell’Unione, può essere fatta valere con altri strumenti, attivabili a fronte di una violazione del diritto comunitario che risulti grave e manifesta (cfr. Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32622; 17/11/2015, n. 23460; 4/02/2014, n. 2403). Per le medesime ragioni, deve considerarsi non pertinente, in questa sede, il richiamo alla presunzione d’innocenza, la quale, comunque, pur essendo ritenuta applicabile non solo in riferimento al procedimento penale, ma anche in riferimento a quelli sanzionatori di natura amministrativa, ma sostanzialmente penali (cfr. Corte EDU, sent. 3/12/2002, Lilly c. Francia; 30/05/1991, Stenuit c. Francia; 21/02/1984, Oztak c. Germania), ivi compresi quelli di competenza dell’AGCM (cfr. Corte EDU, sent. 27/09/2011, Menarini c. Italia), non è utilmente invocabile con riguardo alla fattispecie in esame, contraddistinta dal fatto che gli elementi indiziari emersi in ordine all’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza sono stati presi in considerazione non già ai fini dell’irrogazione delle sanzioni previste dalla normativa a tutela della concorrenza, ma esclusivamente ai fini dell’accertamento dei requisiti prescritti per la partecipazione ad una procedura di affidamento di un appalto pubblico e della valutazione dell’idoneità delle offerte, in vista della decisione di non procedere all’aggiudicazione.
4.5. La sentenza impugnata non può andare invece esente da censura nella parte in cui, affermata l’irragionevolezza della scelta della Consip di procedere ugualmente all’aggiudicazione, nonostante la disponibilità di elementi indiziari tali da far sospettare l’intervenuta alterazione della concorrenza nello ambito della procedura di gara, non si è limitata ad annullare il provvedimento impugnato, rimettendo alla stazione appaltante ogni valutazione in ordine al prosieguo della procedura, ma si è spinta fino a prefigurare il possibile esito di tale valutazione, puntualizzando che sarebbe stato ragionevole attendersi la decisione di “soprassedere all’aggiudicazione fino a che non fossero stati resi noti gli esiti del procedimento sanzionatorio avviato dall’Autorità sulla propria segnalazione, previa eventuale adozione di adeguati provvedimenti interinali”. Tale precisazione, risolvendosi nell’individuazione del differimento dell’aggiudicazione come unica alternativa ammissibile alla conclusione della procedura di gara, costituisce un’indebita invasione della sfera riservata alla Amministrazione, la cui discrezionalità resta di fatto limitata alla sola determinazione delle misure interinali da adottare nelle more della decisione della Autorità garante, risultando preclusa la rinnovazione dell’esercizio del potere discrezionale previsto dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 81, comma 3, che costituirebbe invece la naturale conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione. E’ noto infatti che la sentenza di annullamento del Giudice amministrativo, oltre a determinare un effetto demolitorio, consistente nell’eliminazione dello atto impugnato, che impone una riedizione del potere esercitato attraverso l’adozione dello stesso, produce anche un effetto conformativo, in quanto, evidenziando le ragioni dell’illegittimità, può contenere, ove il giudizio non si sia limitato all’accertamento della sussistenza di vizi formali o procedurali, l’individuazione delle corrette regole di condotta cui l’Amministrazione deve attenersi nell’attività futura; tale effetto vincola l’Amministrazione a porre in essere un’attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia di annullamento, e ciò non solo in presenza di un’attività vincolata, ma anche nel caso in cui si tratti di attività discrezionale, dovendosi necessariamente tener conto, a pena di elusione del giudicato, delle statuizioni contenute nella sentenza da eseguire, anche se i margini di discrezionalità non risultano interamente esauriti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2/03/2020, n. 1489; 26/03/2019, n. 1986; 17/09/2013, n. 4623). Nella specie, la pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione avrebbe dovuto aprire la strada ad una rinnovata valutazione discrezionale, all’esito della quale, muovendo dalla situazione di fatto presa in considerazione dal provvedimento annullato, e sulla base di un più compiuto apprezzamento degli indizi emergenti dalla segnalazione inviata all’AGCM, l’Amministrazione avrebbe potuto optare anche per soluzioni diverse dal mero differimento dell’aggiudicazione, con il solo obbligo di motivare la propria scelta in conformità dei canoni di ragionevolezza individuati dalla sentenza impugnata. Tale discrezionalità risulta invece esclusa, o quanto meno unilateralmente orientata, dall’unica soluzione prefigurata dal Giudice amministrativo, che, imponendo la sospensione dell’aggiudicazione fino alla decisione dell’AGCOM, finisce per condizionare alla determinazione di quest’ultima l’esito della procedura di gara, impedendo di fatto all’Amministrazione di orientarsi diversamente. Eppure, nel richiamare le indicazioni fornite dall’AGCM in ordine al valore da attribuire alle segnalazioni d’intese restrittive della concorrenza, lo stesso Giudice amministrativo ha tenuto ad evidenziare l’ampio margine di valutazione spettante alle stazioni appaltanti, osservando che, sebbene le predette segnalazioni non vadano intese come manifestazioni di una raggiunta consapevolezza dell’esistenza di criticità concorrenziali nella propria procedura di gara, “cionondimeno è la stazione appaltante a doversi regolare, a seconda delle circostanze del caso, con l’obiettivo, questo imprescindibile, di evitare che il supposto accordo illecito possa avere concreta attuazione, incidendo sull’azione amministrativa”.
5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento parziale del primo motivo d’impugnazione, con il conseguente rinvio della causa al Consiglio di Stato, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie parzialmente il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Consiglio di Stato, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022