Enti locali, Processo amministrativo _ Sentenze

Pubblicato il 12/05/2022

05923/2022 REG.PROV.COLL.

03647/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3647 del 2022, proposto da
____, rappresentata e difesa da sé medesima, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di ____ (____), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ____, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

della delibera giunta comunale n.4 del 4 gennaio 2022 con la quale, in merito alle bacheche in Via ____, veniva disposta la rimozione di n.8 bacheche nonché la plancia comunale presente e di qualsiasi altro atto che sia o possa considerarsi presupposto, connesso o conseguenza degli atti come sopra impugnati e che con gli stessi sia comunque posto in rapporto di correlazione, ancorché non partecipato e di estremi incogniti e comunque lesivo degli interessi della ricorrente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di ____;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 60 c.p.a.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2022 il dott. Giuseppe Licheri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Premesso che:

– con ricorso del 4 marzo 2022 – depositato in segreteria il successivo 4 aprile – l’avv. ____, in proprio e nella qualità di Presidente del Consiglio Comunale di ____, ha agito per l’annullamento della delibera di Giunta Comunale n. 4 del 4 gennaio 2022 recante determinazioni in merito alle 8 bacheche di rappresentanza di partiti politici presenti in via ____;

– espone la ricorrente che, con la deliberazione in parola, la Giunta Comunale avrebbe illegittimamente previsto la rimozione di otto bacheche installate nella predetta via sin dal 2001 ed utilizzate non solamente dai partiti politici a favore dei quali era stata rilasciata l’autorizzazione all’installazione, ma da tutti i movimenti politici attivi nel territorio castellano al fine di manifestare i propri orientamenti;

– al fine di riesaminare la decisione in argomento, la ricorrente dapprima presentava istanza di accesso agli atti volta ad acquisire conoscenza di tutta la documentazione richiamata e sottesa alla delibera di Giunta in questione – ricevendo, in riscontro, solo copia delle istanze avanzate da alcuni partiti politici e delle relative autorizzazioni rilasciate per gli anni 2006 e 2007 – e in seguito, il 17 febbraio 2022, avanzava istanza di annullamento in autotutela del provvedimento in esame, senza tuttavia sortire l’esito auspicato;

– a sostegno dell’illegittimità della decisione gravata, la ricorrente ha avanzato quattro motivi di impugnazione:

i) eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e contraddittorietà.

Il provvedimento in esame sarebbe illegittimo perché assunto in esito ad un’istruttoria carente condotta dalla p.a., come attesterebbe l’esito della richiesta di accesso agli atti avanzata dalla ricorrente.

Infatti, a fronte di un’istanza volta a conoscere tutte le autorizzazioni all’installazione delle plance in questione rilasciate tra il 2001 e il 2007 l’amministrazione, consentendo l’accesso solo alle autorizzazioni relative agli anni 2001 e 2007, avrebbe così dimostrato di non possedere tutta la documentazione occorrente a conoscere lo stato giuridico delle suddette bacheche ed aver così condotto un’istruttoria, propedeutica alla decisione assunta, carente ed incompleta;

ii) eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei fatti, erronea valutazione dei presupposti, sviamento di potere. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90.

Con il secondo mezzo di gravame la ricorrente contesta i presupposti fattuali e giuridici posti alla base della decisione impugnata.

In particolare, a suo avviso le bacheche in questione non verserebbero in stato di degrado ma, al contrario, dalla documentazione versata in atti si evincerebbe che le medesime sarebbero in buono stato di conservazione e tuttora utilizzate dalle forze politiche castellane.

Inoltre esse, in uso da più di vent’anni, avrebbero perso quel carattere di provvisorietà che avrebbe contraddistinto l’assenso dell’autorità comunale alla loro installazione e la ragione della loro rimovibilità a semplice richiesta dell’amministrazione, divenendo uno strumento imprescindibile per la manifestazione del pensiero delle forze politiche presenti sul territorio.

Tale carenza di presupposti – che ridonderebbe, tra l’altro, in un difetto di motivazione del provvedimento impugnato – a giudizio della ricorrente disvelerebbe l’autentico scopo del potere esercitato, consistente nell’impedire ai movimenti politici attivi nella realtà locale di esprimere il proprio pensiero e i propri orientamenti in ordine alla vita politica della comunità;

iii) violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.

Ad avviso della ricorrente il provvedimento impugnato violerebbe il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa – di derivazione comunitaria e, come tale, applicabile nell’ordinamento in forza del richiamo contenuto all’art. 1 della legge n. 241/90 – in quanto il comune resistente, per perseguire l’obiettivo dichiarato nel provvedimento, avrebbe potuto ricorrere alla più proporzionata misura della richiesta del pagamento di un canone per le affissioni pubblicate sulle bacheche senza dover invece imporre, più drasticamente, la rimozione delle medesime;

iv) violazione dell’art. 21 Cost.

La rimozione delle plance per affissioni collocate in via ____ costituirebbe, a giudizio della ricorrente, un’intollerabile violazione del diritto costituzionalmente garantito a tutti i cittadini e alle formazioni politiche da essi composte di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione;

– infine, quanto alla propria legittimazione ad agire, a parere della ricorrente essa risiederebbe sia nella propria veste di Presidente del Consiglio Comunale sia in quelle di cittadina elettrice e candidata a sindaco nelle imminenti elezioni amministrative previste per la primavera del corrente anno, senza che in senso opposto possano valere eventuali considerazioni volte a subordinare la stessa alla verifica della sussistenza, in capo a chi ricorre, dell’effettiva titolarità della situazione giuridica dedotta in ricorso, considerato che, sempre secondo la ricorrente, la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di legittimazione a proporre ricorso, ritiene sufficiente la semplice affermazione – svolta dal ricorrente – della titolarità della situazione giuridica sostanziale di cui si lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo;

– si è costituito in giudizio il comune di ____ contestando, in rito, la legittimazione al ricorso dell’avv. ____ e la persistenza del suo interesse all’emanazione di una pronuncia sul merito del ricorso mentre, quanto ai motivi di doglianza esposti nel gravame, ne ha contestato la fondatezza;

– riguardo alla legittimazione attiva della ricorrente, il comune resistente ha chiesto dichiararsene la carenza – con conseguente inammissibilità del gravame – e ciò sia con riferimento all’azione promossa in veste di Presidente del Consiglio Comunale, sia con riguardo all’azione promossa uti singuli.

Quanto alla prima, a parere dell’amministrazione la ricorrente difetterebbe delle condizioni dell’azione tenuto conto che, secondo un orientamento costante in giurisprudenza, i conflitti tra consiglieri ed ente di appartenenza assumerebbero sempre il carattere di conflitti intra-soggettivi e, in quanto tali, ammissibili solo ove ad essere contestati fossero atti lesivi della sfera giuridica del singolo consigliere o della propria posizione all’interno dell’ente ossia, detto diversamente, ove il contenzioso abbia l’obiettivo di contrastare ipotetiche lesioni del diritto all’ufficio del componente dell’organo in questione.

Riguardo alla legittimazione ad agire del singolo cittadino, ad avviso del comune neanche in tale veste la ricorrente potrebbe essere legittimata a proporre l’odierno ricorso, considerato che tale azione avrebbe dovuto essere sorretta da un interesse personale e qualificato ritenuto, nel caso di specie, insussistente, non essendo l’avv. ____ esponente di una delle forze politiche all’epoca autorizzata all’utilizzo delle plance in questione.

Né, ad attestare la sussistenza di un interesse personale, differenziato e qualificato al ricorso da parte della ricorrente potrebbe invocarsi – secondo la parte pubblica – la qualità di candidata a sindaco della medesima, non attribuendole tale stato alcuna pretesa giuridicamente fondata all’utilizzo delle bacheche della cui rimozione si tratta.

Per quanto attiene, infine, al merito della pretesa dedotta in ricorso, l’amministrazione resistente la reputa infondata ritenendo legittimo il potere esercitato dall’ente di revisionare lo stato delle concessioni-autorizzazioni in corso per l’utilizzo degli spazi pubblicitari alla luce, tra l’altro, dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 160/2019 che avrebbe introdotto una disciplina innovativa della materia in questione.

In ogni caso, secondo il comune di ____, tutti i motivi di ricorso sarebbero infondati in quanto sia la normativa generale in tema di affissioni (incluso il regolamento comunale), sia quella specificamente prevista per la propaganda elettorale, assicurerebbero ampiamente la libera manifestazione del pensiero da parte di tutte le forze politiche del territorio;

– All’udienza camerale del 27 aprile 2022 le parti hanno discusso e, previo avviso del rilievo ufficioso di ulteriori profili di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e della sussistenza dei presupposti per la definizione del ricorso con una sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritenuto che:

– il ricorso è inammissibile per carenza originaria di legittimazione ad agire in capo alla ricorrente e per sopravvenuto difetto di interesse ad una pronuncia nel merito del ricorso;

– le condizioni del ricorso nel giudizio amministrativo, siccome discendenti dal principio dispositivo scolpito dagli artt. 99 (“chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente”) e 100 c.p.c. (“per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”), sono state oggetto di analisi e compiuta definizione da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (su tutte, si veda A.P. n. 9/2014), secondo la quale “l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta – sulla falsariga del processo civile – a tre condizioni fondamentali che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione; tali condizioni sono: I) il c.d. titolo o possibilità giuridica dell’azione – cioè la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, ovvero, come altri dice, la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo -; II) l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (o interesse al ricorso, nel linguaggio corrente del processo amministrativo); III) la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva, discendente dall’affermazione di colui che agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo);

In particolare, quanto alla legittimazione attiva, sempre la giurisprudenza del giudice d’appello ha precisato che “nel giudizio impugnatorio, la legittimazione ad agire spetta al soggetto che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, posizione speciale e qualificata, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo, mentre l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa” (così Cons. St., sez. V, sent. n. 1513/2021).

In estrema sintesi, la condizione dell’azione attinente alla legittimazione consiste nell’affermazione di essere titolare di una situazione giuridica soggettiva differenziata e qualificata rispetto a quella ricoperta dalla generalità degli amministrati, posizione individuale che si lamenta essere stata incisa dal provvedimento amministrativo impugnato e la cui verifica nel processo amministrativo avviene già nella fase preliminare in quanto il riconoscimento della titolarità dell’interesse legittimo non definisce ancora il giudizio, occorrendo che nella fase di merito si confronti l’interesse legittimo con l’interesse pubblico al fine di stabilire se il rapporto giuridico debba essere accertato con prevalenza del primo sul secondo per l’illegittimità dell’azione amministrativa, a differenza di quanto accade, invece, nel processo civile in cui, affinché sia riconosciuta la sussistenza della legittimazione ad agire, si ritiene sufficiente la mera affermazione della astratta titolarità di un diritto soggettivo fatto valere (in termini Cons. St., sez. VI, sent. n. 530/2022).

Allorché, poi, l’impugnativa viene proposta da un soggetto appartenente ad un organo collegiale o ad un’organizzazione complessa avverso atti promananti da quello stesso organo o ente, la legittimazione a ricorrere si declina in maniera ancora più restrittiva.

Infatti, affinché costui sia legittimato ad impugnare tali atti, non è sufficiente dedurne la mera difformità rispetto allo schema normativamente previsto, occorrendo altresì che il componente il collegio lamenti la violazione di una delle prerogative inerenti l’esercizio del suo ufficio oppure la lesione di una propria situazione giuridica soggettiva qualificata e differenziata da quella della generalità dei consociati; in altre parole, si esclude che di per sé la mera emanazione di un atto (la cui illegittimità se del caso consente l’impugnazione da parte dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo), si traduca in una automatica lesione dello ius ad officium del singolo consigliere (Cons. St., sez. IV, sent. n. 3034/2021).

E ciò è tanto più vero allorché l’impugnazione promani dalla figura che di quell’organo collegiale è il presidente e che, in quanto tale, ha la rappresentanza – anche processuale – dell’ente al cui vertice è posto, configurandosi quale figura dotata di un’ “incontestabile rilievo istituzionale (…), che trascende gli equilibri politici, che pure ne fondano la costituzione attraverso l’elezione, di garante del regolare funzionamento dell’organo consiliare e dell’ordinato svolgersi della dialettica tra le forze politiche in esso presenti” (così Cons. St., sez. V, sent. n. 2678/2017);

– delineato in tal modo il quadro dei principi di diritto vivente che regolano la legittimazione a ricorrere in generale e nei confronti di atti emessi dallo stesso ente a cui appartiene il ricorrente, occorre applicare il medesimo al caso di specie, giungendo alla conclusione – sostenuta anche dalla parte resistente nella propria memoria – dell’inammissibilità della presente impugnazione;

– l’avv. ____, infatti, chiarisce preliminarmente che ha inteso gravare la deliberazione di Giunta comunale n. 4/2022 “in proprio e quale Presidente del Consiglio Comunale di ____”.

Tuttavia, nessuna delle due vesti la legittima ad insorgere avverso tale atto.

Non la prima – ossia quella di privato cittadino – occorrendo a tal fine che ella rivesta, nei confronti dell’atto impugnato, una posizione giuridica differenziata e qualificata lesa dal provvedimento investito dal ricorso.

Ma così non è in quanto, come condivisibilmente dimostrato dal comune resistente, né ella né il movimento politico alla stessa riconducibile è stato – negli anni scorsi – beneficiario dell’autorizzazione ad installare e mantenere su suolo pubblico una delle bacheche per affissioni di cui al provvedimento gravato, bacheche di cui però la medesima, stando alla documentazione fotografica versata in atti dalla stessa ricorrente, avrebbe usufruito in assenza di alcun titolo legittimante, di talché consentire alla medesima parte di impugnare, adesso, l’atto con cui l’amministrazione intima la rimozione delle bacheche equivarrebbe, come fatto rilevare dal comune, a dichiarare titolare di un interesse qualificato un soggetto che ha fatto un uso abusivo di un bene privato, provvisoriamente autorizzato su suolo pubblico, di fatto così legittimando l’utilizzo privo di regole di ogni spazio che l’amministrazione comunale abbia concesso a chi ne abbia fatto richiesta.

Né, a maggior ragione, la differenziazione e la qualificazione dell’interesse che dovrebbe sorreggere la presente azione potrebbe trarsi dalla qualifica di candidato sindaco ricoperto dall’attuale ricorrente.

In proposito, non può sottacersi innanzitutto come tale qualità sia, allo stato, solo potenziale, non essendo ancora intervenuta la presentazione delle candidature per le elezioni amministrative in programma per il 12 giugno 2022, adempimento che potrà svolgersi il 13 e 14 maggio pp.vv. e solo in esito al quale lo stato vantato dalla ricorrente potrà, eventualmente, dirsi attuale.

Ma, in ogni caso, la qualifica di candidato a sindaco non attribuisce quel carattere di speciale differenziazione all’interesse vantato dalla ricorrente che solo le consentirebbe di distinguere la propria posizione giuridica soggettiva da quella del quisque de populo legittimando, così, la proposizione del presente gravame.

Infatti, avrebbero titolo a dolersi del provvedimento di rimozione solamente quei candidati a sindaco espressione delle liste o dei movimenti politici beneficiari del mantenimento su suolo pubblico delle plance per affissioni provvisoriamente autorizzate e delle quali il comune ha richiesto, adesso, la rimozione.

Circostanza questa che, ancora una volta, non corrisponde alla situazione vantata dalla ricorrente, che di tali forze politiche non è espressione e che delle plance in questione ha fatto utilizzo esclusivamente in via di fatto, privo di qualsivoglia titolo legittimante.

Quanto, poi, alla legittimazione a ricorrere in veste di Presidente del Consiglio comunale, vale quanto rilevato poco sopra in proposito della legittimazione degli appartenenti ad organi collegiali ad impugnare gli atti dell’ente a cui appartengono, che si rinviene solo nel caso di lesione di un interesse personale del consigliere – purché differenziato e qualificato rispetto all’interesse di qualunque cittadino alla legittimità dell’azione amministrativa – o di lesione del ius ad officium, ossia delle prerogative connesse all’esercizio della funzione ricoperta in seno all’ente.

Neanche queste circostanze sono rinvenibili nel caso dell’avv. ____ il quale, per le ragioni già esaminate, non è titolare di un interesse personale al ricorso e che, in veste di consigliere comunale, non ha neppure un interesse a reagire avverso atti dell’ente lesivi della propria funzione, tale non essendo l’impugnata delibera la quale in nessun modo incide, limitandolo, sul diritto dei consiglieri di esercitare liberamente e consapevolmente il proprio mandato;

– in definitiva, le considerazioni sopra esposte sono di per sé pienamente sufficienti a ritenere inammissibile il presente ricorso per difetto di legittimazione attiva in capo alla ricorrente;

– tuttavia, il ricorso è affetto anche da inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse e di tanto – benché la circostanza sia stata fatta rilevare in sede di discussione orale dalla parte resistente – è stata comunque data comunicazione alle parti in applicazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a.;

– infatti, alla deliberazione impugnata ha fatto seguito la determina n. 78 del 24 febbraio 2022 con cui la dirigente del competente servizio comunale, in esecuzione della delibera di Giunta n. 4/2022, ha preso atto dei riscontri che le forze politiche titolari dell’autorizzazione a collocare le bacheche hanno reso alla richiesta comunale di provvedere alla rimozione delle medesime e ha conseguentemente disposto l’intervento coattivo degli addetti comunali;

– tale atto non costituisce un’appendice meramente confermativa della determinazione precedentemente assunta dalla Giunta comunale, non foss’altro perché, in base al vigente ordinamento degli enti locali, spetta ai dirigenti (o ai responsabili dei servizi) la direzione degli uffici e dei servizi e l’adozione di tutti i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie, il tutto in ossequio al principio di separazione tra politica e amministrazione che, con riferimento agli enti locali, è definito a livello normativo nell’art. 107, comma 1, TUEL, a mente del quale “i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.

Di conseguenza, la determina con cui il responsabile del competente servizio dà attuazione all’atto di indirizzo assunto dall’organo politico di governo non è un atto meramente confermativo bensì, piuttosto, l’atto che conferisce concretezza e – per quel che riguarda la tutela delle situazioni giuridiche soggetti di terzi – attualità all’attitudine lesiva, sino a quel momento solo potenziale, della delibera adottata dalla giunta comunale.

Pertanto, la determinazione in argomento costituisce atto autonomamente ed immediatamente pregiudizievole, contro il quale l’odierna ricorrente – e chiunque si ritenesse da essa leso – aveva l’onere di proporre tempestiva ed autonoma impugnazione.

Ne discende quindi, anche sotto tale profilo, l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;

– in conclusione, il ricorso proposto va integralmente dichiarato inammissibile;

– le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore dell’amministrazione resistente, nella misura determinata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del comune di ____ e liquida le medesime in Euro 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2022 con l’intervento dei magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere

Giuseppe Licheri, Referendario, Estensore

 
 
L’ESTENSORE                                                                                                             IL PRESIDENTE
Giuseppe Licheri                                                                                                              Pietro Morabito
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO