Cassazione Civile, diritto agroalimentare _ Sentenze

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GAINNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. r.g. 19481/2018, proposto da:

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del Ministro p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

INEQ – ISTITUTO NORD QUALITA’, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti ______, _______, e ________, con domicilio eletto in Roma, Viale XXI Aprile n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 748/2017, pubblicata in data 19.12.2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15.2.2022 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

Svolgimento del processo

Con ordinanza n. 158/2015, il Ministero delle politiche agricole e forestali ha ingiunto a ______. e, quale obbligato in solido ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6, all’Istituto Nord Est Qualità (da ora I.N.E.Q.), il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 50.000,00, per inadempienze nello svolgimento dei controlli sulla denominazione geografica Speck Alto Adige presso talune aziende produttrici, consistenti, per quanto ancora rileva nel presente giudizio: a) nell’aver certificato come conforme una produzione, il cui peso medio finale registrato avrebbe richiesto un periodo di stagionatura di 32 settimane, una partita messa in lavorazione nella 31a settimana; b) nel fatto che, sulle cosce (di suino) già certificate da INEQ come Speck Alto Adige IGP conformi al disciplinare di produzione, erano state apposte unicamente le etichette a sfondo blu con la dicitura Bauemspeck, omettendo di riportare tutte le indicazioni/diciture obbligatorie per il prodotto e, in particolare, di apporre l’etichetta con marchio IGP. L’Ineq ha proposto opposizione, eccependo che l’amministrazione aveva erroneamente calcolato il periodo di stagionatura e che il controllo sulla corretta etichettatura dei prodotti non poteva essergli addebitato, non essendovi alcuna prescrizione che imponesse l’apposizione anche dell’etichetta a sfondo blu attestante la qualità IGP del prodotto.

Il Ministero, ritualmente costituitosi in giudizio, ha chiesto di confermare il provvedimento.

All’esito il tribunale ha ritenuto infondata la prima contestazione mentre ha ritenuto responsabile l’Ineq per la non corretta etichettatura dei tranci di speck.

La sentenza, impugnata dall’INEQ, è stata integralmente riformata in appello.

Secondo la Corte territoriale di Trieste, era ormai passata in giudicato la pronuncia di rigetto della prima contestazione (riguardante l’irregolare lavorazione di prodotti non aventi la stagionatura prevista dal disciplinare), dato che l’amministrazione non aveva proposto, sul punto, appello incidentale. Quanto – invece – alla seconda contestazione, riguardante l’irregolare etichettatura dei prodotti, ha ritenuto che nessuna norma di carattere primario o secondario rendesse obbligatorio apporre l’etichettatura Bauernspeck dopo – o contestualmente a – quella recante il marchio IGP. Era ragionevole invece ritenere che la suddetta etichetta accessoria potesse apporsi solo su prodotti che avessero superato il controllo di qualità e che fossero conformi al disciplinare di produzione. Quanto all’etichetta con la dicitura IGP, nessuna disposizione prevedeva che fosse apposta prima della messa in commercio dei prodotti: tale adempimento gravava – secondo il giudice territoriale – sul singolo produttore, senza alcun obbligo di controllo da parte dell’Ineq.

La cassazione della sentenza è chiesta dal Ministero delle politiche agricole e forestali con ricorso in due motivi.

L’Istituto Nord Est Qualità resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 297 del 2004, art. 4, comma 1, e D.M. 1 febbraio 2006, art. 9, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la norma che impone all’INEQ di controllare la corretta etichettatura dei prodotti a marchio IGP era contenuta nel disciplinare di produzione, avente natura di fonte secondaria ed integrativa delle previsioni del decreto ministeriale dell’1.2.2006 con cui era stato approvato il predetto disciplinare di produzione. Tale disciplinare prevede che l’etichettatura Bauernspeck abbia carattere accessorio e che vada apposta sempre in abbinamento con l’etichetta IGP, che è obbligatoria per i prodotti provenienti dalla zona di produzione indicata all’art. 2 del disciplinare.

Il motivo è fondato.

La disciplina del sistema dei controlli e dell’etichettatura dei prodotti alimentari con denominazione di origine controllata (DOP) o con indicazione geografica protetta (IGP) si rinviene nel regolamento comunitario 2081/1992, che contempla la protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari.

Successive modifiche ed integrazioni della disciplina sono contenute nei Reg. CE nn. 509/2006 e 510/2006.

La normativa comunitaria è finalizzata a regolare la promozione di prodotti di qualità aventi determinate caratteristiche, quale fattore di crescita economica delle zone rurali, mediante l’uniformazione delle prassi nazionali di elaborazione e di attribuzione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche. Scopo della disciplina è inoltre di assicurare condizioni di pari concorrenza tra i produttori degli alimenti che beneficiano di siffatte diciture e di aumentare la credibilità dei prodotti stessi agli occhi dei consumatori. L’indicazione geografica protetta (IGP) è costituita dal nome di una regione, di un luogo determinato che serve ad individuare un prodotto agricolo o alimentare originario di tali luoghi e di cui una determinata qualità o la reputazione o un’altra caratteristica possa essere attribuita all’origine geografica, sempre che la produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell’area geografica determinata.

Per beneficiare dell’indicazione geografica protetta (IGP), i prodotti devono essere conformi ad un disciplinare (art. 4).

L’art. 5 prevede un sistema di registrazione dei prodotti, disponendo che la relativa domanda include il disciplinare.

Con D.M. 1 febbraio 2006, è stata adottata a livello interno la disciplina della “Protezione transitoria accordata a livello nazionale alla modifica del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta Speck dell’Alto Adige o Speck Alto Adige e Sudtiroler Markenspeck ovvero Sudtiroler Speck, registrata con regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996.

Non viene invece in considerazione – in relazione alla data di commissione della violazione – il successivo disciplinare adottato con D.M. n. 2.2.2017, che, peraltro, contiene disposizioni analoghe a quelle di seguito esaminate.

1.2. Il D.M. 1 febbraio 2006, art. 1, ha conferito protezione al disciplinare allegato al decreto.

L’allegato dispone, all’art. 1, che l’indicazione Geografica Protetta Speck dell’Alto Adige o Speck Alto Adige (espressa in lingua italiana) e Sudtiroler Markenspeck ovvero Sudtiroler Speck (espressa in lingua tedesca) è riservata al prodotto che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal medesimo disciplinare.

La zona di elaborazione del prodotto comprende l’intera Provincia autonoma di Bolzano (art. 2).

Deve ritenersi che i prodotti certificati conformi al disciplinare e che recano la denominazione Speck Alto Adige (o altra equipollente) debbano necessariamente recare l’etichettatura IGP. L’art. 9, comma 3, dispone – al pari dell’art. 8, comma 2, del Reg. CE 510/2006 – che tutto lo speck immesso al consumo, in qualsiasi forma, con l’uso della succitata denominazione, deve essere accompagnato da apposita etichetta conforme alla vigente disciplina generale e ai requisiti descritti dalle successive disposizioni.

Ogni etichetta deve riprodurre il marchio identificativo dello Speck dell’Alto Adige con i requisiti grafici e regolamentari prescritti nella figura n. 2; l’apposizione delle etichette recanti il marchio identificativo dell’IGP deve avvenire nella zona delimitata dall’art. 2 ed è sottoposta al controllo dell’organo previsto dall’art. 7 del disciplinare. Anche l’art. 10, comma 4, del regolamento n. 2081/1992 prevede che “qualora constatino che un prodotto, agricolo o alimentare recante una denominazione protetta originaria del suo Stato membro non risponde ai requisiti del disciplinare, le autorità di controllo designate e/o gli organismi privati di uno Stato membro prendono i necessari provvedimenti per assicurare il rispetto del regolamento.

La figura 2 riprodotta nel disciplinare contiene – appunto -l’indicazione Speck Alto Adige IGP – Sudtirolen Speck GGA. E’ fatto divieto di aggiungere qualsiasi qualificazione non espressamente prevista, comprese le espressioni geografiche che individuino un territorio compreso nella zona delimitata all’art. 2 del disciplinare se diverse da Alto Adige, e da quelle che indicano la sede legale o dello stabilimento di produzione, mentre è fatta salva l’etichettatura accessoria Bauernspeck, la quale, come prescrive l’art. 9, deve accompagnare la denominazione del prodotto Speck Alto Adige.

Decisiva è – in tal senso – la previsione del comma 9, n. 1, dell’art. 9 del disciplinare, che espressamente prevede che l’uso del marchio identificativo sulle etichette osserva in ogni caso la seguente disciplina: 1) la denominazione Speck dell’Alto Adige o Sudtiroler Markenspeck ovvero Sudtiroler Speck (lingua tedesca) non può essere tradotta in altre lingue. Essa deve essere apposta sull’etichetta in caratteri chiari ed indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta ed essere immediatamente seguita dalla menzione Indicazione Geografica Protetta e/o dalla sigla IGP, che deve essere tradotta nella lingua in cui il prodotto viene commercializzato.

Tutto lo speck con denominazione Alto Adige Speck richiede – quindi – l’obbligatoria apposizione dell’etichettatura IGP, alla quale può eventualmente aggiungersi quella Bauernspeck, che ha carattere accessorio ed eventuale.

Solo mediante l’etichettatura IGP è garantita la riconoscibilità dei prodotti dai consumatori e viene valorizzata la produzione della zona di provenienza identificata dall’etichettatura stessa.

In definitiva, la pronuncia impugnata è incorsa nell’errore di sostenere che l’etichettatura Bauernspeck su tranci di Speck Alto Adige potesse esser presente anche da sola sul prodotto certificato conforme al disciplinare, trascurandone il carattere meramente accessorio ed aggiuntivo, ma non sostitutivo di quella IGP. L’obbligo di apposizione trovava – inoltre – fondamento in specifiche previsioni del disciplinare, delle disposizioni interne (D.M. 1 febbraio 2006) e dei già citati regolamenti comunitari.

Il controllo del rispetto del disciplinare, anche riguardo alle modalità di etichettatura, doveva precedere la messa in commercio ed era affidata all’autorità di controllo, come espressamente prevede l’art. 15 del Reg. CE 509/2006, relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari, e dall’art. 11 del Reg. CE 510/2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari.

Non è pertinente la doglianza sollevata dall’istituto resistente riguardo al fatto che l’etichettatura Bauernspeck non era fornita dall’INEQ ma dal Consorzio di tutela dello Speck Alto Adige, essendo contestato l’omissione di controllo circa la mancanza dell’etichettatura IGP che è (ed era stata) rilasciata dall’istituto, violazione il cui accertamento competeva all’Ineq, trattandosi di prodotti con denominazione Speck Alto Adige, certificati conformi al disciplinare di produzione.

2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112, 329, 342 e 349 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza affermato che, non avendo il Ministero proposto appello incidentale, era ormai passata in giudicato la statuizione di annullamento della sanzione relativa alla insufficiente stagionatura dei prodotti, impugnazione incidentale che l’amministrazione non era tenuta a proporre, essendo risultata totalmente vincitrice in primo grado.

Il motivo è infondato.

Il giudizio di primo grado si è concluso con l’accoglimento parziale dell’opposizione, avendo il primo giudice ritenuto infondata la contestazione relativa alla stagionatura, che era stata annullata pur tenendo ferma l’entità della sanzione.

In presenza di una statuizione esplicita di rigetto, l’amministrazione, parzialmente soccombente, era tenuta a proporre appello incidentale.

Non è pertinente il richiamo all’arresto di cui alla pronuncia a sezioni unite 11799/2017, pronuncia che peraltro pone anche a carico della parte totalmente vincitrice (e non, come nel caso, parzialmente soccombente) di proporre impugnazione incidentale avverso le statuizioni esplicite di rigetto delle eccezioni di merito, onere che a fortiori è predicabile per la parte parzialmente soccombente.

Invero, soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, sempre che su dette eccezioni il primo giudice non abbia – neppure per implicito pronunciato, mentre la parte, rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di impugnare in via incidentale la decisione, pena il formarsi del giudicato di rigetto (Cass. 9265/2021; Cass. 9889/2016).

E’ quindi accolto il primo motivo di ricorso, con rigetto della seconda censura.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2022