Pubblico impiego _ Sentenze

Pubblicato il 22/07/2022

06456/2022REG.PROV.COLL.

06312/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6312 del 2013, proposto dalla signora
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati _____ e _____, con domicilio eletto presso l’avv. _____;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’impugnazione del diniego del riconoscimento dell’infermità dipendente da causa di servizio.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno 2022 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti l’avvocato _____ e l’Avvocato dello Stato _____;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente appello la signora -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della -OMISSIS-, sezione di -OMISSIS- n. -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso da lei proposto avverso il decreto n. 269/09 della Direzione generale per le pensioni militari del Ministero della Difesa del 23 novembre 2009, notificato in data 3 dicembre 2009, di diniego di riconoscimento causa di servizio in relazione al linfoma non Hodgkin che ha provocato il decesso del coniuge, -OMISSIS-, Maresciallo dell’Esercito Italiano.

Il decreto di diniego è basato sul parere del Comitato di verifica delle cause di servizio del 30 ottobre 2009 che ha confermato il parere già espresso l’11 giugno 2008, a seguito delle osservazioni presentate dalla signora -OMISSIS-, ritenendo la patologia a eziologia ignota con ruolo importante sia di fattori ambientali che individuali.

Nella domanda per il riconoscimento della causa di servizio e nelle osservazioni integrative presentate a seguito del preavviso di rigetto si era fatto riferimento all’attività svolta presso la tipografia dal 1979 al 1982, con esposizione a inchiostro, acidi, solventi e benzine, e successivamente alle mansioni di carrista con attività di esercitazioni presso il Poligono di -OMISSIS- per vari periodi nel 1986- 1987, nonché al corso NBC presso la scuola interforze -OMISSIS- nel 1987, in cui sarebbero state anche maneggiate sostanze radioattive, oltre allo stress psico fisico derivante dall’attività di servizio, alle frequenti vaccinazioni e radiografie effettuate per gli accertamenti sanitari.

Nel procedimento per il riconoscimento della causa di servizio era stata presentata una perizia di parte che citava studi americani sui veterani delle forze armate, che indicavano un aumento dei linfomi non Hodgkin, e studi su aree militari portando ad esempio la -OMISSIS- e concludeva per la rilevanza di fattori concausali del linfoma non Hodgkin indicando come probabile causa la esposizione a radiazioni ionizzanti sia derivanti dai metalli pesanti che dai frequenti accertamenti diagnostici (RX torace) per l’idoneità specifica alle mansioni.

Con il ricorso è stato esposto che il militare aveva svolto in particolare nel periodo 1986-1987 e nel 1990 varie esercitazioni presso il poligono di -OMISSIS-, rispetto al quale sarebbe accertata la situazione di contaminazione da uranio impoverito e metalli pesanti anche in base agli atti della Commissione parlamentare di inchiesta istituita nel 2006; inoltre era stato esposto a molteplici radiazioni ionizzanti per le varie RX torace effettuate per l’accertamento dell’idoneità alle mansioni specifiche. Sono state, quindi, formulate censure di eccesso di potere e violazione di legge per difetto di motivazione e di istruttoria, in quanto il parere del Comitato di verifica non avrebbe tenuto in alcun conto la documentazione presentata dalla parte, in particolare la relazione medica di parte già depositata nel procedimento amministrativo.

La sentenza di primo grado ha escluso la sussistenza di un legame anche di tipo probabilistico tra il linfoma non Hodgkin ed esercitazioni di tiro anche ripetute presso il poligono di tiro di -OMISSIS-, ritenendo dunque legittimo il decreto impugnato, non potendo essere presa in considerazione una causalità in termini meramente possibilistici.

Con l’appello è stata, in primo luogo, dedotta la nullità della sentenza di primo grado per la mancata comunicazione dell’udienza di discussione nel giudizio di primo grado; nel merito sono stati riproposti i motivi di ricorso contestando le argomentazioni della sentenza, in particolare insistendo per il difetto di motivazione, non essendo state prese in considerazione le conclusioni della perizia di parte, e per la sussistenza del nesso causale in relazione alla esposizione a radiazioni in particolare per le attività svolte presso il Poligono di -OMISSIS-, richiamando le conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta istituita nel 2006 relativa alle malattie del personale militare, da cui sarebbero derivate le modifiche normative che hanno esteso i benefici per le vittime del dovere ai militari impiegati in particolari condizioni ambientali od operative.

Con l’ordinanza n. -OMISSIS- la Sezione ha escluso la fondatezza della questione della nullità della sentenza per la mancata comunicazione dell’udienza di discussione – alla quale la difesa della signora -OMISSIS- non è stata presente – in quanto dal fascicolo risulta invece che l’avviso di udienza è stato ritualmente comunicato, a mezzo PEC, all’avvocato _____, presso il cui studio aveva eletto domicilio. E’ stata poi disposta verificazione formulando il seguente quesito: “se, nel periodo cui si riferiscono i fatti di causa, secondo la migliore scienza ed esperienza, sulla scorta del criterio del più probabile che non, il tipo di attività compiute dal Mar. -OMISSIS- e in particolare la sua esposizione ai fattori di rischio emergenti dagli atti di causa può aver avuto rilievo eziologico nell’insorgenza della patologia che ne ha poi causato la morte e, specularmente, se l’utilizzo di specifiche misure di protezione individuale, tra quelle a disposizione all’epoca, avrebbe potuto significativamente ridurre o del tutto abbattere tale rischio, nonché se dagli atti di causa emergano fattori causali alternativi o concorrenti”. E’ stato assegnato il termine di novanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza e prescritta l’informazione preventiva alle parti dell’avvio delle operazioni nonché l’invio alle parti della versione provvisoria delle relazione delle operazioni peritali da depositare nella versione definitiva dopo l’esame delle eventuali osservazioni delle difese di parte. E’ stato nominato verificatore il Preside della Facoltà di Medicina dell’Università statale di -OMISSIS-, con facoltà di delegare l’incombente ad un professore di comprovata esperienza della medesima Facoltà.

E’ stata, quindi, delegata dal Preside la dott.ssa -OMISSIS-.

I termini per il deposito della relazione sono stati successivamente prorogati con ordinanza del 15 settembre 2021, assegnando il nuovo termine di novanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di proroga.

L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio con atto di mero stile.

Nel corso del giudizio la parte appellata ha depositato la relazione del 7 febbraio 2018 della Commissione parlamentare di inchiesta “sui casi di morti e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all’estero nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni in relazione, in relazione all’esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione negli ambienti di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e eventuali interazioni”, in cui è descritta anche la missione della Commissione nel sito di -OMISSIS- nel marzo 2017; nonché la sentenza del T.A.R. -OMISSIS- – -OMISSIS- n. -OMISSIS- pronunciata in un giudizio promosso dall’Associazione -OMISSIS- Città Pubblica e da due cittadini residenti nella zona avverso la determinazione n. 75 del 21 aprile 2016 (con cui il Dirigente della Sezione Ecologia della Regione -OMISSIS-, in esito al procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale, ha consentito la prosecuzione delle attività addestrative svolte dalle Forze Armate nel Poligono di -OMISSIS-), che ha accolto il ricorso sulla base del principio di precauzione, affermando la contaminazione del sito sulla base dei risultati dei campionamenti preliminari operati dal Nucleo Interforze N.B.C. nella relazione tecnica 2014/03 del Piano Monitoraggio Ambientale del Poligono di -OMISSIS-, che hanno evidenziato il superamento dei limiti di concentrazione di piombo e rame stabiliti dall’Allegato 5 Titolo V del d.lgs. 3 apn. 152 del 2006 in ben otto punti individuati nelle zone di arrivo dei colpi. La sentenza del T.A.R. -OMISSIS- ha poi richiamato, con riferimento al rischio per la salute della collettività, il parere del prof. -OMISSIS- del 16 giugno 2016 per cui “la presenza di inquinanti chimici nell’ambiente, in concentrazioni superiori ai livelli consentiti […] rappresenta un potenziale pericolo per la salute umana” precisando che, essendo il potenziale tossico sull’uomo legato a fenomeni di bio-accumulo, resta preclusa, anche in ragione della mancanza di un completo Piano di caratterizzazione, la stima attendibile della entità dei rischi specifici.

La sentenza n. -OMISSIS- è stata in parte riformata con la sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, che ha dato atto, richiamando le stesse ammissioni dell’Amministrazione appellante, della sussistenza di valori inquinanti al di sopra delle soglie di legge. Il Ministero appellante aveva riferito che si era giunti alla definizione del Piano di caratterizzazione, redatto dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali dell’Università del -OMISSIS- e approvato con la relazione di analisi di rischio specifica il 18 dicembre 2018 nella conferenza di servizi sostenendo, peraltro, che i valori fossero ampiamente al di sotto delle concentrazioni della soglia di rischio.

Nella memoria depositata il 14 gennaio 2022 la parte appellante ha dedotto che la relazione del verificatore è stata depositata il 10 gennaio 2022 ma senza alcuna comunicazione di avvio delle operazioni e senza contraddittorio con la parte. Ne ha poi contestato l’esito e ha dedotto che non si è pronunciata sul quesito relativo alle misure di protezione individuale; a sostegno della propria domanda ha insistito per la sussistenza di alcune circostanze di fatto quali il decesso prematuro del militare, l’avere egli prestato servizio per un certo periodo in contesti ambientali a rischio, quale il poligono di tiro di -OMISSIS-, l’assenza di particolari presidi di protezione. Ha quindi richiamato il recente orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sezione IV, 26 febbraio 2021, n. 1661; id, 24 maggio 2019, n. 3418; T.A.R. Lazio 12 febbraio 2019, n. 1810) per cui in caso di mancanza di dispositivi di protezione individuale la parte privata sarebbe dispensata dall’onere di dimostrare il nesso causale della dipendenza dell’evento morte dalla causa di servizio in termini di probabilità, essendo posto a carico della Amministrazione datrice di lavoro l’onere di dimostrare la dipendenza dell’evento da fattori esterni di altro tipo.

La relazione del verificatore risulta correttamente depositata nel PAT solo in data 14 febbraio 2022.

Le conclusioni della verificazione hanno confermato la natura multifattoriale della patologia con origine sconosciuta escludendo il nesso di causalità, sotto il profilo medico legale, in senso probabilistico, con l’attività prestata dal militare nell’Esercito.

All’udienza pubblica del 15 febbraio 2022 il giudizio è stato rinviato alla udienza pubblica del 14 giugno 2022 per consentire alla parte appellante idonee controdeduzioni alla relazione.

In vista dell’udienza pubblica del 14 giugno 2022 la parte appellante ha depositato una nuova consulenza di parte, del 1 maggio 2022, che ha concluso per un probabile nesso eziologico con la esposizione a radiazioni esistenti nel poligono di -OMISSIS- per la presenza dei proiettili con uranio impoverito.

Nella memoria depositata il 13 maggio 2022 è stata riproposta la questione del mancato contraddittorio in sede di verificazione mentre l’ordinanza aveva indicato espressamente di sottoporre alle parti la bozza di relazione; si è poi insistito per la fondatezza dell’appello, richiamando l’orientamento giurisprudenziale per cui il verificarsi dell’evento costituirebbe già di per sé elemento sufficiente sulla base del criterio di probabilità a determinare il diritto delle vittime delle patologie e dei loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente, compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione, in tutti quei casi in cui l’Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità, con un’inversione dell’onere della prova, per cui sarebbe sufficiente l’accertamento in ordine all’esposizione del militare all’inquinante.

All’udienza pubblica del 14 giugno 2022 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare, sulla questione della nullità della sentenza per la mancata comunicazione della udienza di discussione – che non è stata più riproposta dalla parte nelle memorie successive all’ordinanza collegiale con cui è stata disposta la verificazione – deve essere comunque confermato quanto affermato nella detta ordinanza, risultando la comunicazione dell’udienza tramite PEC al domiciliatario avv. _____.

Circa la questione, riproposta anche con la memoria depositata per questa udienza pubblica, del mancato contraddittorio in sede di verificazione, deve essere rilevato che tale vizio è stato superato dal rinvio disposto all’udienza del 15 febbraio 2022; infatti la parte appellante ha potuto anche depositare il 4 maggio 2022 una ulteriore relazione tecnica di parte, redatta il 1 maggio 2022, confutando le conclusioni della CTU.

Nel merito l’appello è infondato.

Ritiene il Collegio di richiamare la consolidata giurisprudenza della Sezione, per cui nella materia del riconoscimento della dipendenza da cause di servizio delle patologie sofferte dal pubblico dipendente, il Comitato di verifica per le cause di servizio è l’organo competente a esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio, avendo il D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 agli artt. 11 e 12, affidatogli il compito di accertare l’esistenza del nesso causale (o concausale) con il servizio delle infermità contratte dai pubblici dipendenti. In particolare, il Comitato esprime un giudizio che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione medica ospedaliera, e costituisce un parere di carattere più articolato e complesso, sia per la sua composizione, nella quale sono presenti sia professionalità mediche che giuridiche ed amministrative, sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali; il Comitato accerta definitivamente la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive delle patologie, in relazione a fatti di servizio e al rapporto causale tra i fatti e la patologia medesima. Pertanto, il giudizio conclusivo di sintesi e di superiore valutazione formulato dal Comitato di verifica si impone all’amministrazione, che deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non può attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui, in base agli elementi a sua disposizione che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni o violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del Comitato stesso, con conseguente richiesta di nuovo parere. In sostanza, una volta emesso il giudizio finale del Comitato di verifica per le cause di servizio l’amministrazione pubblica è tenuta a motivare in maniera particolareggiata la sua decisione solo nei casi in cui ritenga di non adeguarsi al parere del Comitato, ma non quando ritenga di condividere il parere di quell’organo medico-legale (Cons. Stato Sez. II, 23 marzo 2022, n.2096; id. 8 gennaio 2021, n. 300)

Inoltre, il giudizio espresso dalla Commissione per le cause di servizio costituisce espressione di una valutazione di discrezionalità tecnica, sindacabile in sede giurisdizionale solo per assenza di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta e violazione delle regole procedurali (cfr. Cons. Stato, Sez II 21 aprile 2021 n. 3222; 18 giugno 2021, n. 4702); gli accertamenti sulla dipendenza di una patologia da causa di servizio rientrano, infatti, nella discrezionalità tecnica del Comitato di verifica, la cui valutazione conclusiva sul nesso eziologico tra l’attività lavorativa svolta e l’infermità sofferta dal pubblico dipendente, basato su cognizioni di scienza medico-specialistica e medico-legale, non è sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, a meno che non emergano vizi del procedimento o vizi di manifesta irragionevolezza della motivazione per l’inattendibilità metodologica delle conclusioni, ovvero per il travisamento dei fatti, o, ancora, per la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale, senza che in ogni caso tale sindacato possa estendersi al merito delle valutazioni medico-legali dell’amministrazione. Si tratta, quindi, di limite che consente al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo medico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454, 8 giugno 2009, n. 3500, 9 marzo 2017, n. 1435 e 27 giugno 2017, n. 5357; Cons. Stato Sez. II, 28 maggio 2021, n. 4136).

In ordine al nesso causale, viene poi affermato che la dipendenza da causa di servizio può essere riconosciuta allorché sia dimostrato che tra il danno riportato e i fatti di servizio esista un legame causale ovvero concausale (quando le mansioni svolte non sono causa diretta del danno, ma hanno contribuito in modo efficiente e determinante all’insorgere della malattia), ma per poter affermare la dipendenza da causa di servizio di un’infermità occorre fornire la prova che il sorgere di una condizione morbosa, il manifestarsi di una patologia, la menomazione della integrità psico-fisica dell’interessato sia da porre in stretta correlazione causale o concausale con l’attività di servizio, mentre un certo coefficiente di stress e di disagio della condizione lavorativa non possono che ritenersi necessariamente immanenti al disimpegno di mansioni in ambito militare, costituendo gli stessi un aspetto caratterizzante di detta attività. La prova della dipendenza da causa di servizio di un’infermità può, quindi, ritenersi fornita solo se si dimostra, con rigore scientifico, che l’infermità medesima sia stata prodotta in maniera determinante ed efficiente dall’attività di servizio o che l’accidente patologico non si sarebbe presentato ove il ricorrente non si fosse trovato adibito al servizio prestato; l’attività di servizio deve quindi assumere connotati eccezionali e in un certo senso sovrastanti rispetto ad ogni altro antecedente causale facente parte dell’esistenza del soggetto, e ciò vuol dire che solo i fatti di servizio connotati da eccezionalità vanno presi in considerazione e possono essere decifrati alla stregua di cause o concause determinanti ai fini della insorgenza delle patologie lamentate dal ricorrente (Cons. Stato Sez. II, 20 maggio 2022, n. 4009).

Applicando tali consolidato orientamenti giurisprudenziali al caso di specie si deve ritenere che il parere del Comitato di Verifica, pur succintamente motivato, non può ritenersi manifestamente illogico o irragionevole o espresso in palese travisamento dei fatti, essendo stato il giudizio espresso confermato anche dalla relazione di verificazione, la quale ha tenuto in considerazione anche le specifiche circostanze di fatto poste specificamente all’attenzione del Collegio in appello relative alle attività svolte presso il Poligono di -OMISSIS- e alla situazione di contaminazione ambientale del sito risultante dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta.

Peraltro, anche le perizie di parte hanno confermato la natura multifattoriale della patologia e la sua eziologia ignota.

In particolare, la perizia depositata nel procedimento amministrativo e nel giudizio di primo grado ha fatto riferimento all’esposizione a radiazioni ionizzanti sia per l’esposizione a metalli pesanti – desunta dalla disciplina normativa che ha ampliato i destinatari della speciale elargizione per le vittime del dovere prevedendola anche per i militari impiegati in particolari condizioni ambientali e operative – che ai frequenti accertamenti diagnostici ( RX torace) per l’idoneità specifica alle mansioni.

La perizia, depositata il 4 maggio 2022, ha richiamato studi scientifici che “suggeriscono un eccesso del rischio di insorgenza di linfoma in soggetti esposti a radiazioni e che esso sia dose dipendente”; concludendo per la esposizione in ambiente lavorativo a radiazioni ionizzanti, in considerazione della presenza nel poligono di -OMISSIS- di proiettili con uranio impoverito.

Si deve, peraltro, considerare, che tale circostanza di fatto non risulta provata con riferimento allo specifico periodo in cui il militare ha prestato servizio nel detto poligono, in base a quanto affermato dalla parte appellante in particolare tra il 1986 e il 1987 e il 1990.

In ogni caso, non possono essere ritenuti idonei prova della sussistenza del nesso di causalità gli atti depositati in giudizio, in particolare gli atti delle Commissioni parlamentari di inchiesta, nonché la sentenza del T.A.R. -OMISSIS- n. -OMISSIS- e quella del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- ( che l’ha riformata), che ha dato atto della sussistenza di valori inquinanti al di sopra delle soglie di legge all’interno del Poligono nonché del piano di caratterizzazione ormai approvato in conferenza di servizi.

Infatti, con riguardo alle relazioni delle Commissioni parlamentari, si deve considerare che si tratta di atti di carattere generale, che hanno studiato e rilevato il fenomeno, anche ai fini di successivi interventi normativi, che non possono costituire di per sé un parametro di riferimento della specifica questione della effettiva incidenza causale delle mansioni espletate dall’appellante sulla malattia oncologica da cui è risultato affetto e per cui purtroppo è deceduto (in tali termini cfr. Cons. Stato Sez. II 9 marzo 2022, n. 1695, proprio con riferimento anche agli atti delle Commissioni parlamentari di inchiesta sull’uranio impoverito e circa le indagini epidemiologiche sui militari).

Inoltre, l’attività svolta dal militare presso il poligono di -OMISSIS- – secondo quanto dedotto dalla stessa parte – riguarda un periodo intorno agli anni 1986-1987 e nel 1990, mentre la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta depositata in giudizio riguarda la missione svolta dalla Commissione presso il Poligono nel marzo 2017 con le audizioni e la raccolta di dati; la relazione della Commissione istituita nel 2006 depositata nel giudizio di primo grado ha fatto riferimento, evidenziando criticità, alle modalità di utilizzo dei poligoni di tiro, tra cui quello di -OMISSIS-.

La sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- ha accertato la presenza di inquinanti ma con riguardo al provvedimento impugnato in quel giudizio ovvero la Det. n. 75 del 21 aprile 2016, con la quale il Dirigente della Sezione Ecologia della Regione -OMISSIS-, in esito al procedimento di valutazione di incidenza ambientale (cd VINCA), aveva consentito la prosecuzione delle attività addestrative svolte dalle Forze Armate nel Poligono e sulla base, quindi, dei monitoraggi sugli inquinanti effettuati in periodi di tempo limitati agli anni di poco antecedenti (dal 2014) e successivi al provvedimento impugnato.

Pertanto, sulla base degli atti delle varie Commissioni parlamentari di inchiesta o della pronuncia di questo Consiglio n. -OMISSIS-, non può essere affermata la sussistenza di un nesso causale nel caso di specie; né vi è alcun concreto elemento di fatto traibile dalla documentazione depositata in giudizio per ritenere radicalmente inattendibile – nei limiti del sindacato di questo giudice -il giudizio tecnico discrezionale espresso dal Comitato di verifica, confermato dalla verificazione, la quale ha escluso la sussistenza del nesso di causalità in termini probabilistici secondo quanto richiesto nell’ordinanza n. 3435 del 2021.

Quanto all’orientamento giurisprudenziale citato dalla difesa appellante, si deve evidenziare che si tratta di vicende differenti sia in fatto che in diritto, in quanto riguardanti la domanda di equo indennizzo per partecipazioni a missioni internazionali in teatri di guerra (Consiglio di Stato, Sezione IV , 26 febbraio 2021, n. 1661, per cui è stato ritenuto idoneo un nesso di causalità in termini probabilistico -statistici rispetto ad un nesso di causalità in termini di certezza richiesto dal Comitato di verifica); la richiesta della speciale elargizione prevista dall’art. 1079, comma 1, D.P.R. n. 90 del 2010 (Consiglio di Stato n. 3418 del 2019).

Sotto tale profilo, ritiene il Collegio di richiamare un precedente della Sezione, che ha già precisato la netta differenza sussistente tra la speciale indennità prevista dall’art. 1079 del D.P.R. 90 del 15 marzo 2010 e il riconoscimento dell’equo indennizzo, affermando che mentre la domanda di equo indennizzo per sua natura richiede la dimostrazione del nesso di causalità con i compiti di servizio, il militare interessato a percepire la speciale elargizione di cui all’art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010 non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un nesso eziologico fra esposizione all’uranio impoverito (o ad altri metalli pesanti) e neoplasia, trattandosi di un istituto a carattere indennitario, che spetta solo ai soggetti individuati dalla legge ed è quantificata a monte in misura predeterminata; in tal caso è sufficiente la mera dimostrazione di aver affrontato – senza che ciò integri colpa dell’Amministrazione – le particolari condizioni ambientali od operative, connotate da un carattere straordinario rispetto alle forme di ordinaria prestazione del servizio, che siano la verosimile causa di un’infermità. “Il fatto che, allo stato delle conoscenze scientifiche, non sia acclarata l’effettiva valenza patogenetica dell’esposizione all’uranio impoverito non osta, dunque, al diritto alla percezione dell’indennità, che comunque spetta allorché l’istante abbia contratto un’infermità verosimilmente a causa di particolari condizioni ambientali ed operative” ( Cons. Stato Sez. II, 9 marzo 2022, n. 1695; cfr. altresì Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3418 citata dalla difesa appellante, che ha tracciato una netta distinzione in termini di nesso di causalità tra domanda risarcitoria e domanda per la elargizione alle vittime del dovere di cui all’art. 1079 del D.P.R. 90 del 2010).

Ai sensi dell’art. 1079 del D.P.R. 90 del 2010, infatti, “la elargizione di cui agli articoli 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, 1 e 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e 5, commi 1, 2 e 5, della legge 3 agosto 2004, n. 206, quando le condizioni di cui all’articolo 1078, comma 1, lettere d) ed e), ivi comprese l’esposizione e l’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e la dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico, hanno costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante delle infermità o patologie tumorali permanentemente invalidanti o da cui è conseguito il decesso” è corrisposta al personale militare e civile italiano impiegato nelle missioni di qualunque natura, nei teatri operativi all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti; ai cittadini italiani residenti nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e alle aree dei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti; al coniuge, il convivente e i figli superstiti di tali soggetti, ai i genitori, ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti.

Sulla base della distinzione tra i due istituti la circostanza che l’attività svolta nei poligoni di tiro sia stata riconosciuta dal legislatore come rilevante ai fini della concessione della speciale elargizione per le vittime del dovere non comporta di per sé una diversa valutazione del parere del Comitato di verifica, sotto il profilo dell’attendibilità del giudizio di esclusione del nesso eziologico, rimanendo la disciplina dell’equo indennizzo improntata alla necessità dell’effettivo accertamento del nesso di causalità, almeno sotto il profilo concausale, tra il servizio concretamente prestato e l’insorgenza di una infermità, ancorato a precisi riscontri medico-scientifici e all’esistenza di specifici fatti di servizio (cfr. Cons. Stato Sez. II, 11 maggio 2022, n. 3718).

Alla luce di tali orientamenti giurisprudenziali, da cui il Collegio non intende discostarsi nel caso di specie, non si ravvisano i macroscopici vizi del parere del Comitato né tale giudizio risulta inattendibile alla luce del giudizio espresso in sede di verificazione e delle stesse risultanze delle perizie di parte, che hanno fatto genericamente riferimento all’esposizione in ambiente lavorativo a radiazioni ionizzanti.

In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.

In considerazione della particolarità delle circostanze di fatto, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2022 con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Francesco Frigida, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere