Edilizia privata, Procedimento amministrativo, Urbanistica _ Sentenze
Pubblicato il 07/02/2023
01316/2023REG.PROV.COLL.
08954/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8954 del 2016, proposto dai signori _____, _____, società _____, quest’ultima in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato _____, con domicilio eletto presso il suo studio in _____;
contro
il comune di _____, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati _____, _____, con domicilio eletto presso lo studio _____ in _____;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (sezione prima), n. 1456 del 14 ottobre 2016, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di _____;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il consigliere Giuseppe Rotondo; nessuno presente per le parti; dato atto delle istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati _____, _____ e _____;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il presente giudizio involge lo scrutinio di legittimità delle deliberazioni del consiglio comunale di _____, n. 13 del 25 marzo 2014 e n. 25 del 2 maggio 2015, con le quali sono stati, rispettivamente, adottati e approvati il regolamento urbanistico comunale e la contestuale variante al piano strutturale.
2.Questi i principali snodi della vicenda:
a) gli appellanti sono proprietari di 4 fabbricati – (identificabili con lettere da A) ad E) posti in un’ampia area interna all’edificato, avente accesso da via Ponte alle Riffe n. 42, nonchè da Via Sercambi – nel comune di _____;
b) tali fabbricati venivano fatti oggetto di altrettante istanze di “condono edilizio” (negli anni 1995 e 2005);
c) tre istanze (riferiscono gli appellanti) venivano accolte con rilascio dei relativi “condoni”, la quarta istanza, relativa all’edificio “D” è stata respinta con provvedimento n. 573 del 4 novembre 1997;
d) al fine di legittimare in totoil complesso immobiliare, i proprietari proponevano all’amministrazione comunale un intervento di riordino complessivo con riduzione della consistenza degli edifici nei limiti legittimi;
e) il comune rilasciava concessione edilizia in data 30 dicembre 2003 con il n. 756/03, concessione a sanatoria n. 31/2006 del 10 aprile 2006, permesso di costruire n. 8/2007 del 18 gennaio 2007;
f) in data 8 maggio 2009, i ricorrenti presentavano una richiesta di variante, non riscontrata dal comune;
e) con ordinanza dirigenziale n. 121, datata 8 febbraio 2013, poi revocata e sostituita dalla ordinanza n. 241/2015 del 30 marzo 2015, il comune di _____ ordinava “la demolizione, ai sensi dell’art. 31 comma 2 del D.P.R. n. 380/01, degli edifici A ed E (non completati) in quanto opere realizzate in assenza di Permesso di costruire”;
f) dette ordinanza venivano impugnate innanzi al T.a.r. per la Toscana con ricorso nrg 470/2013 (integrato da motivi aggiunti);
g) in tale contesto, con deliberazione consiliare n. 13, del 25 marzo 2014, veniva adottato il regolamento urbanistico che pone i beni dei ricorrenti in “zona A Tessuti compatti di formazione otto-novecentesca” ex art. 74 delle n.t.a. – “edificato recente – elementi incongrui”;
h) i proprietari formulavano articolate osservazioni al piano chiedendo “la modifica della disciplina dell’edificato recente – elementi incongrui” nel senso di eliminare gli illogici limiti del rispetto della sagoma preesistente, del divieto di realizzazione di volumi interrati e del divieto indiscriminato di cambiamento di destinazione d’uso”;
i) il comune forniva controdeduzioni accogliendo parzialmente le osservazioni.
2.1. Nel ritenere “formale e inutile” il parziale accoglimento delle osservazioni, in ragione della disciplina che la variante di p.s. e il regolamento approvati con la delibera consiliare n. 25/2015 avevano definitivamente riservato ai beni, i proprietari impugnavano la deliberazione di approvazione degli atti pianificatori innanzi al T.a.r. per la Toscana affidando il ricorso (nrg 1307/2015) a un unico, complesso motivo di gravame (esteso da pagina 12 a pagina 16) cosi compendiato: violazione e/o falsa applicazione art. 231 legge regionale 10 novembre 2014 n. 65; artt. 17 e 18 legge regionale 3 gennaio 2005 n. 1; violazione e/o falsa applicazione artt. 134 e 135 legge regionale 10 novembre 2014 n. 65; art. 79 legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, carenza di motivazione, errore e/o travisamento di fatto, illogicità e contraddittorietà manifeste.
2.2. Si costituiva il comune di _____.
2.3. Il T.a.r., con sentenza 1456 del 14 ottobre 2016, respingeva il ricorso con dovizia di argomenti e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese (euro 5.000,00).
3.Hanno appellato i signori _____ (in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società “_____”) e _____, che hanno articolato quattro autonomi mezzi di gravame (estesi da pagina 15 a pagina 26 del ricorso), di seguito sintetizzati:
a) “violazione e/o falsa applicazione art. 231 legge regionale Toscana 10 novembre 2014, n. 65; violazione e/o falsa applicazione artt. 17 e 18 legge regionale Toscana 3 gennaio 2005, n. 1; travisamento di fatti, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione;
b) travisamento di fatti, erronea valutazione su questione decisiva della controversia; contraddittoria;
c) violazione e/o falsa applicazione artt. 134 e 135 legge regionale Toscana n. 10 novembre 2014, n. 65; art. 79 legge regionale Toscana 3 gennaio 2005, n. 1; omessa pronuncia su questione decisiva della controversia; travisamento di fatti, erronea valutazione su questione decisiva della controversia; carente, contraddittoria ed illogica motivazione;
d) omessa pronuncia su punto decisivo della controversia; motivazione carente, illogica e contraddittoria.
3.1. Si è costituito il comune di _____ per resistere all’appello.
3.2. In data 9 agosto 2022, gli appellanti hanno dichiarato la persistenza del proprio interesse alla decisione.
3.3. Le parti hanno depositato memorie difensive in data 19 dicembre 2022, con repliche della parte appellante in data 29 dicembre 2022.
4.All’udienza del 19 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.
5.Preliminarmente, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendumdel giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimisCons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020).
6.Il ricorso è infondato.
7.L’intero gravame s’incentra, nella sostanza, sulla legittimità delle controdeduzioni formulate dal comune di _____ alle osservazioni presentate dagli appellanti in occasione dell’approvazione del regolamento urbanistico di cui se ne contesta la motivazione.
Gli istanti osservano che l’art. 17 della legge regionale Toscana n. 1 del 2005, applicabile anche al procedimento di approvazione del regolamento urbanistico ex art. 18, prevede che “il provvedimento di approvazione contiene il riferimento puntuale alle osservazioni pervenute e l’espressa motivazione delle determinazioni conseguentemente adottate”.
7.1. Nel caso di specie, con le proprie osservazioni, i ricorrenti avevano evidenziato “l’opportunità di riconoscere la legittima esistenza degli edifici di loro proprietà con possibilità di loro completamento, attesa l’assoluta peculiarità della vicenda che aveva interessato (e che interessa) gli stessi”.
7.2. In particolare, l’osservazione era stata formulata con riferimento agli immobili, compresi in un complesso edilizio oggetto di accertamento di conformità (quest’ultimo, in corso di istruttoria al momento dell’esame delle osservazioni), classificati come edificato recente-elementi incongrui, di cui viene chiestala riclassificazione come edificato recente.
7.3. I proprietari chiedevano:
i) il riconoscimento dei divisati fabbricati nel regolamento urbanistico come “legittimamente esistenti” a superamento dell’ordinanza n. 121 dell’8 febbraio 2013, ed “assoggettabili a lavori di completamento”;
ii) di modificare la disciplina dell’edificato recente-elementi incongrui affinché venisse loro consentito di modificare la sagoma, realizzare volumi interrati e cambiare destinazione d’uso verso le destinazioni residenziale, commerciale per esercizi di somministrazione e turistico-ricettiva o direzionale di ospitalità temporanea.
7.4. Tali osservazioni, sostengono i ricorrenti, sarebbero state ignorate dal comune con “palese violazione della norma” regionale che “impone un puntuale esame ed una espressa motivazione, nella fattispecie illegittimamente mancanti”.
8.Le censure sono inammissibili e infondate.
8.1. L’inammissibilità rileva a cagione del fatto che le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio costituiscono espressione del più ampio potere discrezionale dell’amministrazione; di conseguenza, esse possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di abnormità ovvero di palese travisamento dei fatti.
8.2. Il principio è stato ribadito di recente con la sentenza della sezione 2 gennaio 2023, n. 21 secondo cui:
– le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;
– anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni;
– con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali:
a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona;
b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate;
c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare;
d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.
8.3. L’infondatezza, nel merito, delle dedotte censure rileva in ragione del fatto che – in disparte ogni considerazione sulla corretta qualificazione delle “osservazioni” presentate dagli appellanti, invero più assimilabili a una istanza di modifica della disciplina urbanistica inerente l’immobile di proprietà, proposta in via strumentale (come anche riconosciuto dagli stessi istanti) per il superamento dell’ordinanza di demolizione n° 121, datata 8 febbraio 2013 (sulla quale pende peraltro contenzioso innanzi al Consiglio di Stato: ricorso nrg 3357/2017) – il comune di _____ ha contro dedotto alle “osservazioni”, così compendiandole: “Si tratta di immobili rispondenti alle definizioni dell’art. 22, comma 7, che hanno comportato intasamento del tessuto storico, correttamente individuati nell’edificato recente-elementi incongrui, pertanto la classificazione non viene modificata. Viste le numerose osservazioni pervenute sulle possibilità di trasformazione di edifici incongrui interni agli isolati ricadenti nell’invariante dei tessuti storici e di relazione con il paesaggio aperto le NTA del PS e del RU vengono modificate come di seguito riportato: 1.all’art. 11.6.5 delle NTA del PS viene integrato dopo il periodo “gli interventi di carattere trasformativo (sostituzione edilizia, ristrutturazione urbanistica), su manufatti collocati all’interno degli isolati e che siano incoerenti con il contesto esistente, potranno essere attivati esclusivamente tramite trasferimento delle superfici, nei termini e con le localizzazioni definiti dalla disciplina della perequazione come dettagliata dal Regolamento Urbanistico” il periodo “salvo casi di modesta entità in cui le condizioni al contorno consentano una corretta trasformazione in loco anche verso la residenza”. 2. L’art. 74 comma 3 delle NTA del RU è stato riarticolato inserendo il seguente punto: “b. quando interessi edifici anche interni agli isolati, con SUL<500 mq, che configurano condizioni di degrado, sia contenuto entro i limiti di VL e SUL nel rispetto delle seguenti prescrizioni:
– rispetto del parametro Sf≥3Sc per la trasformazione – numero massimo di piani fuori terra – accessibilità carrabile garantita dalla strada pubblica esistente. Non è consentita la trasformazione nel caso di accessibilità limitata a varchi o aperture poste al piano terra della cortina continua edificata lungo strada – doppio affaccio per i nuovi alloggi. La trasformazione deve garantire ventilazione trasversale. Non sono consentiti alloggi monoaffaccio – reperimento di parcheggi pertinenziali di cui all’art. 31 – adeguato utilizzo delle reti tecnologiche esistenti” Il divieto di realizzazione di nuovi volumi interrati viene eliminato”.
9.Sul punto, il Collegio osserva – in adesione a un costante indirizzo giurisprudenziale (da ultimo, la precitata sentenza n. 21 del 2023) – che le osservazioni e le opposizioni presentate dai privati al piano regolatore generale “in itinere” costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, la cui congruità, pertanto, ben può essere evinta (anche) dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree (Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854; Cons. Stato, sez. IV, sentenza 11 settembre 2012, n. 4806; Cons. Stato, sez. IV, sentenza 16 marzo 1998, n. 437).
10.Alla luce dei principi di diritto sopra affermati, il collegio ritiene che la motivazione (meglio sopra evidenziata) di parziale accoglimento delle osservazioni formulate da parte appellante non pecchi di genericità e formalismo, bensì palesi un contenuto chiaro e concreto, sostanzialmente idoneo ad esternare le ragioni dell’agire della pubblica amministrazione, in ossequio all’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
11.Le ragioni per le quali le osservazioni sono state respinte (nella parte in cui la classificazione non è stata modificata), ancorché sintetiche, s’appalesano idonee a dimostrare che le stesse sono state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore; segnatamente sono univoche laddove adducono uno “intasamento del tessuto storico”, oggettivamente riscontrato e dettagliato nelle relazioni di accompagnamento, individuato e allegato “nell’edificato recente” siccome caratterizzato da “elementi incongrui”.
11.1. Tanto più che, l’art. 11.6.5. delle n.t.a. del piano strutturale, sulla scorta di altre osservazioni di privati richiedenti la possibilità di trasformare gli edifici incongrui ricadenti nei tessuti storici, è stato integrato con la previsione del trasferimento delle superfici nei termini e con le localizzazioni definiti dalla disciplina della perequazione (da qui, l’accoglimento parziale delle osservazioni, non affatto formali).
11.2. Accoglimento che ha investito, sostanzialmente, anche la richiesta di modifica della disciplina inerente il rispetto della sagoma dell’edificio, laddove è stata introdotta tale possibilità al punto 3 dell’art. 74 delle n.t.a., ancorchè solo agli interventi con S.U.L. di progetto < 500 mq.
11.3. Sul punto, il collegio condivide l’assunto difensivo del comune secondo cui la circostanza che il divisato complesso immobiliare superasse di poco la predetta superficie, “non avrebbe potuto costituire valido motivo di contestazione del parametro introdotto”.
12.Neppure ha pregio la tesi difensiva per cui il comune avrebbe dovuto tenere conto della situazione storica in cui versava l’immobile al fine di valutare l’opportunità di legittimarne l’esistenza.
12.1. L’immobile in questione è caratterizzato, invero, da un (contestato dal comune) perdurante stato di abusività: cinque istanze di sanatoria, la prima nel 2002 e le altre tutte in variante alla prima; una domanda di accertamento di conformità, presentata dagli appellanti a seguito della ordinanza di demolizione n° 121 dell’8 febbraio 2013; tre ordinanze di demolizione di opere abusive; altrettante sanatorie per le opere di completamento, con assegnazione di termine per eseguirle; mancata esecuzione delle demolizione nei termini assegnati e nelle modalità ordinate; realizzazione di opere difformi dalla sanatoria rilasciata.
12.2. Situazione questa, che non depone per il riconoscimento di una aspettativa legittima o qualificata di affidamento, meritevole di tutela e apprezzamento.
12.3. Sotto questo profilo, l’operato dell’amministrazione di disvela ancor più legittimo laddove si consideri che, alla luce del tenore delle osservazioni e delle richieste degli appellanti, il comune, in sede di pianificazione, non aveva obbligo di provvedere nei sensi auspicati dai proprietari, ovvero nel senso di una sorta di sanatoria mascherata di una situazione riscontrata come abusiva, né di assumere iniziative su istanze (appunto, di sanatoria) decontestualizzate rispetto al procedimento di approvazione del regolamento urbanistico.
12.3. Senza sottacere che, il ricorso n.r.g. 470 del 2013 proposto dagli odierni appellanti contro l’ordinanza di demolizione n° 121 dell’8 febbraio 2013, e quella successiva n. 241/2015 del 30 marzo 2015, è stato definito dal Ta.r. per la Toscana con sentenza n. 129 del 23 gennaio 2017 di improcedibilità rispetto alla prima ordinanza e, con riguardo alla seconda, di rigetto di tutte le censure a eccezione di quella relativa alla contestazione della misura della sanzione applicata per l’illecito edilizio, con conseguente parziale accoglimento del gravame in tali limiti. La sentenza è stata appellata innanzi al Consiglio di Stato con ricorso n.r.g. 3357/2017, iscritto a ruolo per l’udienza pubblica che si è tenuta il 19 dicembre 2022.
13.Alla stregua di quanto sin qui argomentato, il collegio ritiene che il potere pianificatorio esercitato dal comune di _____ s’appalesi immune dai rubricati vizi non riscontrandosi, nelle scelte operate dall’amministrazione, alcuna irragionevolezza o illogicità, né travisamento dei fatti in relazione alle vicende che hanno interessato il compendio immobiliare, essendosi l’amministrazione rappresentata correttamente la situazione dei luoghi e assunto le divisate decisioni in ragione del superiore interesse pubblico alla conservazione dell’esistente tessuto storico.
14.In conclusione, l’appello deve essere respinto.
15.Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.
16.Il collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di infondatezza dell’appello si basa, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nn. 148 del 2022; 1117 e 1186 del 2018; 2200 del 2016; cuiadde Cass. civ., sez. VI, n. 11939 del 2017; 2 novembre 2016, n. 2215, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d) c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria).
17.La condanna degli originari ricorrenti ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli eventuali effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti, in solido fra loro, al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano, in favore del comune di _____, in euro 6.000,00 (seimila/00) oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2023 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Luca Monteferrante, Consigliere