Corte dei conti (sentenze), Pubblico impiego _ Sentenze

SENT. N. 135/22

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE

PER LA REGIONE PIEMONTE

in composizione monocratica nella persona del dr. Cristiano Baldi, ai sensi dell’art. 151 c.g.c., ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n. 22058 del Registro di Segreteria,

sul ricorso

promosso da S. T., nato a omissis, residente a omissis, cod. fisc. omissis, elettivamente domiciliato a _____, presso lo studio dell’avv. _____ (_____), che lo rappresenta e difende in questo giudizio per delega 26 ottobre 2020;

contro

INPS – Gestione Dipendenti Pubblici [c.f. 80078750587], con sede in Roma, Via Ciro il Grande, 21, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Franca Borla dell’Avvocatura dell’Istituto, giusta procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015, elettivamente domiciliato in Torino, via dell’Arcivescovado n. 9

FATTO

Con ricorso ritualmente depositato parte ricorrente, dopo aver ripercorso la propria carriera lavorativa come militare della Guardia di Finanza, ha chiesto il riconoscimento del diritto al ricalcolo della pensione di anzianità con applicazione delle seguenti aliquote di rendimento:

– aliquota del 3,60%, dal 21° anno di anzianità utile

– aliquota del 2% dal 1° gennaio 1998 al 17 giugno 2014,

– aliquota del 1,80%, dal 18 giugno 2014 al 1° febbraio 2020, con il conseguente riconoscimento alla corresponsione degli arretrati.

A sostegno, premesso che il proprio trattamento pensionistico è stato liquidato interamente con il sistema retributivo (pensione diretta ordinaria di anzianità n. TO 1032020002088 a decorrere dal 2 febbraio 2020), ha sostenuto che l’errore dell’Inps sarebbe nell’aver attribuito “al capitano T. le aliquote pensionabili di cui all’art. 54, 2° comma, del DPR 1092/1973, previste per gli Ufficiali con più di 20 anni di servizio utile, pari all’1,80%, retrodatando l’applicazione di detta aliquota anche per il periodo di servizio svolto come sottufficiale della Guardia di Finanza”.

L’Inps si è costituita chiedendo il rigetto del ricorso sull’assunto dell’applicazione, al ricorrente, del trattamento massimo spettante pari all’80% della base pensionabile.

La causa è stata discussa all’udienza del 23 maggio 2022 ed entrambe le parti hanno richiamato le conclusioni dei rispettivi atti introduttivi.

La causa è stata decisa con sentenza con motivazione contestuale ai sensi dell’articolo 167, comma 1, c.g.c.

DIRITTO

Il ricorso è fondato nei limiti seguenti.

Giova ricordare, per una migliore comprensione della vicenda, che la percentuale dell’1,80 richiamata dall’articolo 54 dpr n. 1092/73, contrariamente a quanto sembrerebbe intuirsi dal ricorso introduttivo, non rappresenta l’aliquota di rendimento applicata alle varie annualità ma solamente un incremento premiale alle aliquote previsto, anno per anno, dopo i primi vent’anni di servizio.

In disparte il provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico, rispetto al quale il ricorrente non indica alcun elemento a sostegno della sua lamentela, va ricordato che ai sensi dell’articolo 54, comma 1, la pensione è pari al 44% della base pensionabile e tale aliquota viene aumentata (comma 2), per gli ufficiali, dell’1,80% per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo.

Con il ricorso introduttivo, dunque, il sig. T. lamenta l’applicazione di tale incremento premiale in luogo dei maggiori incrementi previsti dallo stesso art. 54 (comma 6) e da altre normative successivi (art. 59 legge n. 449/1997).

Con la propria comparsa l’Inps ha precisato che nella fattispecie in esame al ricorrente è stata applicata l’aliquota massima dell’80% della base pensionabile, limite fissato dallo stesso articolo 54, comma 7.

Al fine di chiarire la posizione delle parti, veniva disposta l’audizione di un funzionario INPS il quale, sentito all’udienza del 11 aprile 2022, ha dichiarato “l’Istituto ha applicato l’aliquota del 1,8% prevista per gli ufficiali e non quella del 2% prevista per i sottoufficiali, in quanto il momento di riferimento per determinare l’aliquota da applicare è quello della pensione, senza tenere conto dei mutamenti di carriera avvenuti in corso di servizio”.

Ciò posto, a mente dell’articolo 54 del DPR n. 1092/1973, mentre agli ufficiali viene applicata l’aliquota del 44% della base pensionabile con un incremento annuale dell’1.80 a partire dal 21esimo anno, per i sottoufficiali l’aliquota premiale sale al 3,60%.

Tale differenziazione, ovviamente, si giustifica con la differente base pensionabile propria delle due diverse carriere.

Cionondimeno, se è vero che la liquidazione con il sistema retributivo si fonda sull’ultima retribuzione percepita e, quindi, parallelamente, indurrebbe a ritenere l’applicabilità delle aliquote fissate con riferimento a tale emolumento (e, quindi, alla qualifica lavorativa da ultimo ricoperta), è altrettanto vero che con l’entrata in vigore della riforma Fornero (art. 24, comma 2, d.l. n. 201/2014, convertito nella legge n. 211/2014) il regime previdenziale di tipo contributivo è stato esteso anche a coloro che, come il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni (cfr. circolari Inps n. 35 e 27 del 2012, nonché n. 74 del 2015; Corte Conti, Sez. Calabria, sentenza n. 55/2022).

Tuttavia, lo stesso articolo 24 menzionato ha disposto che “in ogni caso, l’importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto computando”.

Ciò comporta, come accaduto nella fattispecie in esame, che l’Istituto determini la pensione confrontando l’importo che deriverebbe con il sistema retributivo con quello determinato secondo il regime contributivo e applicando quest’ultimo solo ove inferiore.

Nello specifico, infatti, al ricorrente è stato applicato il previgente regime retributivo in quanto determinante un importo pensionistico inferiore.

Ciò posto, e rilevato che il limite dell’80% della base pensionabile indicato nell’articolo 54 dpr n. 1092/73 risulta evidentemente non vincolante (come si evince dal provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico, dove è indicata un’aliquota maggiore), ritiene lo scrivente che non vi siano elementi in diritto ostativi all’applicazione dell’aliquota incrementale differenziata in relazione ai diversi periodi di carriera del lavoratore.

E, quindi, al riconoscimento dell’aliquota incrementale dell’1,80% per i periodi in cui il ricorrente ha rivestito la qualifica di Ufficiale e del 3,60% per gli altri.

Fermo restando, che il risultato di simile conteggio dovrà poi scontare l’applicazione del menzionato articolo 24, comma 2, del d.l. n. 201/2011 e quindi dell’eventuale determinazione con metodo contributivo.

E’ noto allo scrivente il precedente rappresentato dalla sentenza n. 55/2022 della Sezione Calabria. Tuttavia, tale pronuncia di rigetto si fonda unicamente sull’assunto secondo cui, trattandosi di liquidazione con il sistema retributivo, e dovendo computarsi la retribuzione da ultimo percepita, parimenti andrebbe considerata l’aliquota incrementale relativa a tale ultimo momento di carriera.

Tale assunto, tuttavia, non offre alcun argomento logico giuridico, limitandosi a descrivere una situazione di fatto. Ritiene invece lo scrivente che sia del tutto logico riconoscere aliquote incrementali diverse in relazione ad andamenti retributivi completamente diversi.

D’altra parte, una simile soluzione appare coerente con l’articolo 54, coma 8, del DPR n. 1092/73 laddove dispone che “In ogni caso la pensione spettante non può essere minore di quella che il militare avrebbe conseguito nel grado inferiore, in base agli anni di servizio utile maturati alla data di cessazione dal servizio”.

E’ chiaro che tale norma esprime un principio di rilevanza della diversa carriera del militare, tenendo conto delle peculiarità del grado ricoperto. Diversamente opinando, d’altra parte, un militare che raggiunge il grado di Ufficiale in limine della cessazione dal servizio risulterebbe ingiustamente penalizzato rispetto allo stesso militare rimasto nella sua qualifica inferiore fino al termine del servizio, con una discriminazione del tutto ingiustificata e paradossalmente a detrimento del militare avanzato di carriera.

Ciò posto, tenuto conto delle peculiarità della materia e dell’esigenza di procedere ad una comparazione tra il calcolo mediante il sistema retributivo e quello con il sistema contributivo, sarà onere dell’Istituto procedere alla rideterminazione della pensione del ricorrente tenendo però conto, alla luce di quanto sopra esposto, dell’applicazione delle aliquote incrementali riferibili alle diverse fasi della carriera lavorativa (e quindi, 3,6% per sottoufficiali, appuntati e militari, 1,8% per ufficiali), nonché delle previsioni di cui gli artt. 17 legge n. 724/94 (“Con effetto dal 1 gennaio 1995 le disposizioni in materia di aliquote annue di rendimento ai fini della determinazione della misura della pensione dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, pari al 2 per cento, sono estese ai regimi pensionistici sostitutivi, esclusivi ed esonerativi dell’assicurazione predetta, per le anzianità contributive o di servizio maturate a decorrere da tale data”) e 2, comma 19, legge 8 agosto 1995, n. 335 (“L’applicazione delle disposizioni in materia di aliquote di rendimento previste dal comma 1 dell’articolo 17 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non può comportare un trattamento superiore a quello che sarebbe spettato in base all’applicazione delle aliquote di rendimento previste dalla normativa vigente”).

L’esistenza di difformi precedenti giurisprudenziali e la complessità delle questioni affrontate inducono alla compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione monocratica,

Accerta e dichiara il diritto del ricorrente al ricalcolo del trattamento pensionistico sulla base delle diverse aliquote incrementali applicabili in relazione ai differenti periodi di carriera;

Dispone che l’Inps proceda alla rideterminazione del trattamento pensionistico sulla base delle indicazioni contenute in parte motiva, con il riconoscimento di eventuali arretrati maggiorati di interessi legali e, nei limiti dell’eventuale maggior importo differenziale, della rivalutazione monetaria calcolata, anno per anno, secondo gli indici ISTAT;

Compensa le spese di lite.

Così deciso in Torino, il 23 maggio 2022

Il Giudice

F.to Dott. Cristiano Baldi

Depositata in Segreteria il 23 maggio 2022

Il Direttore della Segreteria

F.to Dott.ssa Caterina Scrugli