Corte dei conti (sentenze), Enti partecipati _ Sentenze

SENTENZA N. 436 /2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA

composta dai seguenti magistrati:

Angelo Bax Presidente

Claudio Guerrini Consigliere

Elena Papa Consigliere

ha emesso la seguente

SENTENZA

nel giudizio in materia di conto iscritto al n. 62745 del registro di segreteria, avente ad oggetto il conto giudiziale n. 87850, reso per l’esercizio 2018 dall’agente contabile _____ s.p.a., società partecipata dal Comune _____ (_____), nella sua qualità di agente contabile esterno consegnatario di azioni per conto dell’Ente;

esaminati gli atti e i documenti del giudizio;

uditi, all’udienza pubblica del 9 novembre 2022, il relatore e il pubblico ministero, nella persona del sost. proc. gen. Massimo Lupi;

ritenuto in

FATTO

Con la relazione di irregolarità n. 275/2022, il Magistrato istruttore ha rimesso all’esame del Collegio il conto giudiziale n. 87850, reso per l’esercizio 2018 da _____ s.p.a., società partecipata dal Comune di _____ (_____), nella sua qualità di agente contabile esterno consegnatario di azioni per conto dell’Ente.

In via preliminare, ha posto il problema dell’eventuale improcedibilità del giudizio di conto, evidenziando che occorrerebbe individuare il soggetto tenuto alla resa del conto delle azioni e delle partecipazioni dell’Ente, ovverosia se l’obbligo debba gravare in capo al mero custode – detentore delle azioni, o a colui che materialmente esercita i diritti di azionista nelle società partecipate. Il problema si porrebbe in termini analoghi nel caso in cui i titoli siano dematerializzati, in quanto occorrerebbe documentare non tanto il maneggio fisico delle azioni, quanto le modalità di esercizio della gestione e l’effettiva applicazione delle direttive impartite da parte dei titolari delle partecipazioni pubbliche.

All’udienza di discussione, il pubblico ministero, pur concordando sull’ orientamento assunto dalla Sezione sul soggetto tenuto a rendere il conto, ha contestato la definizione del giudizio con sentenza di rito, nella specie della improcedibilità, visto il carattere di necessarietà del giudizio di conto. La pronuncia di improcedibilità dovrebbe, pertanto, avere natura “meramente interlocutoria”, con indicazione da parte del Collegio degli elementi utili e necessari alla prosecuzione dell’esame del conto, e tra essi l’individuazione del soggetto tenuto alla resa del conto e la consequenziale trasmissione a questi degli atti di causa. In merito il rappresentante della Procura ha citato giurisprudenza avvalorante la prospettazione disegnata.

Nessuno è comparso né per l’agente contabile, né per l’Amministrazione.

All’esito della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, occorre precisare che i titoli azionari e partecipativi rientrano tra i beni mobili dello Stato, per i quali sussiste l’obbligo di resa del conto giudiziale, ai sensi dell’art. 20, lett. c), del R. D. n. 827/1924, esteso agli enti locali dall’art. 93 del D. lgs. n. 267/2000 (ex plurimis, Sez. Giur. Toscana, sent. n. 127/2020; in termini, Cass. SS. UU., ord. n. 7390/2007).

La Corte di cassazione ha affermato che: “l’inclusione dei diritti ed azioni tra i beni mobili dello Stato, per i quali sussiste l’obbligo della resa del conto…è applicazione di un principio costituzionale, tanto più se si considera il rilievo, che ha subito un grandissimo incremento col processo di privatizzazione, delle partecipazioni e delle quote azionarie nel patrimonio degli enti pubblici…la Corte dei conti deve ritenersi fornita di tale giurisdizione anche in relazione ai conti aventi ad oggetto azioni e quote societarie” (Cass. SS.UU., ord., 6.2.2007 n. 7390).

Il Regolamento di contabilità dello Stato prevede che tutti i beni mobili debbono essere dati in consegna ad agenti responsabili e che la consegna si effettua tramite inventario (art. 22 R.D. 23.5.1924 n. 827). L’art. 6 DPR 4.9.2002 n. 254 stabilisce che “Gli agenti che ricevono in consegna i beni mobili dello Stato sono denominati consegnatari i quali, in relazione alle modalità di gestione e di rendicontazione ed alle conseguenziali responsabilità, assumono la veste, rispettivamente, di agenti amministrativi per debito di vigilanza e di agenti contabili per debito di custodia”, precisando che i consegnatari per debito di vigilanza non sono tenuti alla resa del conto giudiziale (art. 12).

Il conto deve essere reso anche per i titoli cc.dd. “dematerializzati”, perché inclusi nella parte attiva del conto del patrimonio (ex multis, Sez. Giur. Molise, sent. n. 64/2015; Sez. Giur. Toscana, sent. n. 127/2020).

In relazione sia ai titoli dematerializzati che a quelli depositati presso le società partecipate, si pone il problema, correttamente posto in evidenza nella relazione di irregolarità, dell’individuazione del soggetto qualificabile come agente contabile e, dunque, tenuto a rendere il conto giudiziale.

La giurisprudenza più recente, superando la visione tradizionale, cui conseguirebbe che tenuto alla resa del conto debba essere il soggetto designato dall’ente quale agente consegnatario dei titoli nella loro materialità, cioè colui che li deve unicamente custodire, soluzione che escluderebbe necessariamente l’obbligo di resa del conto per i titoli dematerializzati, ha ritenuto che agente contabile sia più propriamente il soggetto incaricato dall’ente di esercitare le funzioni concernenti i diritti di azionista nelle società partecipate, ossia chi li gestisce (sez. Molise, 15.11.2017 n. 64; sez. Veneto,18.10.2017 n. 122), sulla base di una concezione più ampia del concetto di “maneggio”.

Si è così affermato che: “assume la qualifica di agente contabile il consegnatario di azioni che sia titolare, anche per delega, del potere di esercitare le funzioni concernenti i diritti di azionista, in quanto l’agente contabile consegnatario di azioni deve svolgere un’attività di gestione e non di mera detenzione….rappresentando l’Ente alle riunioni delle società …esercitando, in proprio o per delega, i diritti connessi alla partecipazione sociale, avendone la disponibilità giuridica e non meramente materiale” (sez. Veneto, 25.6.2019 n. 99; Sez. Giur. Toscana, sent. n. 127/2020).

Il conto, redatto sul mod. 22, sottoscritto dall’agente contabile e sottoposto al visto di regolarità del responsabile del servizio finanziario, deve contenere la descrizione dei titoli, la consistenza in quantità e valore all’inizio e alla fine dell’esercizio, con l’indicazione del motivo delle variazioni (sez. Veneto, 10.2.2012 n. 62; sez. sez. Molise, 15.11.2017 n. 64; sez. Veneto,18.10.2017 n. 122). Ha affermato, infatti, la Corte di cassazione che: “il giudizio non può essere limitato al titolo originario nella sua materialità, ma deve riguardare anche le variazioni del valore dei titoli e gli utili o dividendi distribuiti” (Cass. SS.UU., ord., 6.2.2007 n. 7390). D’altra parte, l’art. 29 R.D. 23.5.1924 n. 827 stabilisce, infatti, che i consegnatari dei diritti e delle azioni di cui all’art. 20, lett. c) “rispondono anche delle variazioni dei crediti a loro affidati”.

Devono, poi, essere documentate, con apposita relazione, anche le modalità di esercizio della gestione da parte delle società stesse e le modalità di applicazione delle direttive impartite dai titolari delle azioni o partecipazioni pubbliche (sez. Veneto, 10.2.2012 n. 62; sez. Molise, 15.11.2017 n. 64; sez. Veneto,18.10.2017 n. 122), anche se tale rendicontazione riguarda “una responsabilità nei confronti dell’ente di appartenenza che sembrerebbe configurarsi più come responsabilità di gestione amministrativa che contabile in senso proprio” (Corte dei conti, sez. controllo Toscana, del. 17/2010/PAR). Sul punto, la Corte di cassazione ha precisato che: “L’agente contabile non può…essere chiamato a rispondere, in sede di giudizio di conto, di atti di esercizio dei diritti dell’azionista o del titolare di partecipazioni (quali l’espressione del voto, la stipulazione di patti di sindacato, l’esercizio di un diritto di opzione)” (Cass. SS.UU., ord., 6.2.2007 n. 7390). Il mancato esercizio dei diritti di azionista pubblico può, tuttavia, comportare ipotesi di responsabilità azionabile avanti la Corte dei conti, ad iniziativa del Pubblico Ministero contabile.

E’ compito, infine, dell’Amministrazione trasmettere alla competente Sezione giurisdizionale della Corte dei conti i conti degli agenti contabili, muniti del visto di parificazione con le scritture dell’ente, ossia della corrispondenza tra i valori delle quote di partecipazione indicate nei conti e quelli riportati nel conto del patrimonio. Vi è conseguentemente la necessità di tenere aggiornati e completi gli inventari, punto di riferimento per il riscontro della parificazione delle scritture. Inserite le singole partecipazioni nel conto generale del patrimonio, sorge l’obbligo della resa del conto giudiziale da parte di ciascun dirigente cui è affidata la gestione della singola partecipazione; l’individuazione dei predetti dirigenti è quindi compito dell’ente (sez. Veneto, 10.2.2012 n. 62).

Per quel che riguarda il Comune, in mancanza della nomina di uno o più dirigenti cui affidare la gestione delle partecipazioni, è il Sindaco, nella sua qualità di organo di vertice dell’amministrazione, che assume la veste di agente contabile, come confermato, ora, dall’espressa previsione dell’art. 9 D.Lgs 175/2016: “per le partecipazioni di enti locali i diritti di socio sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato”.

Nel caso in esame, la società _____ s.p.a. non può essere considerata consegnataria dei titoli azionari e delle quote di partecipazione dell’ente e, in quanto tale, tenuta alla resa del conto, in quanto è pacifico che non ha svolto alcuna attività di gestione dei diritti di socio connessi alla proprietà dei titoli, essendosi limitata a detenerli quale mero depositario, senza alcun potere dispositivo.

La società, pertanto, è gravata solo da “debito di vigilanza” e non da “debito di custodia”, sicché non è tenuta a rendere il conto giudiziale.

Contrariamente all’orientamento della Procura erariale si ritiene che la pronuncia di improcedibilità non contrasti con il principio di necessarietà del giudizio di conto, in quanto anche le pronunce in rito sono idonee a definire un grado di giudizio, qualora non si possa addivenire all’adozione di una pronuncia sul merito.

In linea generale, per “necessarietà” del giudizio di conto si intende l’indispensabilità, per ogni agente contabile che abbia avuto maneggio di denaro e valori di proprietà di un ente, di rendere il conto giudiziale. Inoltre, la necessarietà implica che sul conto intervenga una pronuncia giudiziale, giacché è già con il deposito del conto che l’agente contabile si costituisce in giudizio (art 140, comma 3, c.g.c.), tant’è che non sono applicabili nei suoi confronti le norma sulla contumacia.

Una volta (necessariamente) avviato, il giudizio di conto può essere però definito con la pronuncia più conforme alla concreta situazione processuale, che potrà anche essere di rito nell’ipotesi in cui non sia possibile addivenire all’esame del merito.

In particolare, nel caso in cui la Sezione ritenga di identificare l’agente contabile in un soggetto diverso da quello che ha presentato il conto, il giudizio non potrà proseguire nei confronti del terzo, ma si dovrà addivenire ad una pronuncia di improcedibilità. Successivamente, il soggetto identificato come agente contabile dovrà presentare un nuovo conto giudiziale, dando luogo all’apertura di un nuovo giudizio di conto.

In altri termini, il giudizio viene introdotto con il deposito di uno specifico conto giudiziale ed è su questo che va a gravare la pronuncia di improcedibilità, giacché è stato presentato da un soggetto privo della qualità di agente contabile. Il successivo deposito di un nuovo conto, da parte dell’agente contabile designato nella sentenza, darà luogo ad un altro giudizio di conto. Peraltro, il nuovo agente contabile verrà messo al corrente della necessità di depositare il conto dalla stessa Amministrazione, alla quale dev’essere ovviamente comunicata la sentenza; in caso di omessa presentazione, sarà applicabile la procedura per resa di conto, che non riguarda solo chi era consapevole ab origine dell’obbligo di presentare il conto giudiziale, ma anche i soggetti che ne vengono al corrente successivamente.

Non si ritiene, di contro, che gli atti possano essere restituiti sic et simpliciter all’Amministrazione, così facendo proseguire lo stesso giudizio di conto già instaurato, per una serie di ragioni.

In primo luogo, la pronuncia di identificazione del nuovo agente contabile è stata adottata senza che, fino a quel momento, egli abbia partecipato al giudizio. Si tratterebbe, dunque, di una sorta di chiamata di terzo iussu iudicis, che però non è prevista nell’ambito del giudizio di conto.

In secondo luogo, la tesi patrocinata dalla Procura erariale,presuppone che il conto, che va a presentare il “nuovo” agente contabile, sia identico a quello che aveva dato luogo all’apertura del giudizio.

La tesi non è però condivisibile, in quanto il nuovo conto è diverso sicuramente sotto il profilo soggettivo, trattandosi di un atto sottoscritto da un altro soggetto; inoltre, in ipotesi, potrebbe anche essere differente sul piano oggettivo, non essendo assolutamente assodato che il “nuovo” agente contabile si limiti ad avallare il documento predisposto da altri ed essendo anzi verosimile che, in molti casi, egli sia in possesso di elementi conoscitivi e documentali tali da dover procedere alla redazione di un nuovo, diverso ed autonomo conto giudiziale. Proprio nel caso di specie, una situazione del genere è teoricamente possibile, in quanto è probabile che il soggetto, che gestisce le azioni per conto dell’Ente, sia maggiormente in grado di valutare il valore delle partecipazioni.

Invece, qualora si seguisse il percorso contrario, si potrebbe (in ipotesi) verificare che il giudizio di conto, già aperto con la presentazione del primo conto giudiziale ad opera del (falso) agente contabile, non potendo essere definito con una pronuncia in rito, arrivi a proseguire nei confronti di un soggetto diverso da quello originariamente costituito in giudizio e con un oggetto del tutto diverso da quello originario, con un’inammissibile estensione soggettiva e oggettiva del suo ambito, che contrasterebbe da un lato con l’impossibilità di procedere alla chiamata del terzo iussu iudicis e, dall’altro, con la necessità che ogni conto giudiziale dia luogo ad un autonomo giudizio.

Ne consegue che dev’essere adottata una pronuncia di improcedibilità e che, qualora il conto giudiziale non venga effettivamente presentato dal soggetto obbligato, come individuato nella presente sentenza, la Procura erariale possa attivare il giudizio per resa di conto(cfr. su identiche questioni la consolidata giurisprudenza di questa Sezione, cfr. ex plurimis sentenza n. 202/2022).

Resta fermo l’obbligo per l’Ente, coercibile ad iniziativa del Procuratore contabile tramite il giudizio per resa di conto, di presentare il conto giudiziale secondo le regole sopra indicate.

Nulla sulle spese.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, definitivamente pronunciando in ordine al conto giudiziale n. 87850;

DICHIARA

l’improcedibilità del giudizio. Nulla sulle spese.

Dispone, a cura della Segreteria, la trasmissione della presente sentenza al procuratore regionale per i provvedimenti consequenziali, in specie per l’eventuale formulazione dell’istanza di resa di conto.

Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio in data 9 novembre 2022.

Il Presidente est.

Angelo Bax f.to digitalmente

Depositata in segreteria il 30/12/2022

Il Funzionario

Giacomo Vannacci